Lettere da viale Mazzini. L'ultimo tormentone estivo è l'epistolario degli esiliati preventivi di "Mamma Rai". Cosa faccio quest'estate? Mi metto a scrivere (se proprio sono pigro rilascio interviste) a destra e manca (più a manca) quanto sono triste e preoccupato per il mio destino: sarò o non sarò nel palinsesto autunno-inverno-primavera della Rai? Dura vita quella dei precari della tv. L'ultima a imbucare le lacrime - questa volta nella posta del Corriere della Sera - è Serena Dandini. Ce la farò o no ce la farò, si interroga martoriando una margherita. "Jaafate o Gnaafate? Tornate in onda la prossima stagione o no? Questa è la domanda che si sentono porre svariati conduttori e giornalisti Rai in questo periodo. L'inquietante interrogativo viene declinato in vari dialetti e in tutte le latitudini dell'italico stivale". Nel mondo dandinicentrico di Serena tutto il Paese corre a interpellare sibille, aruspici e cartomanti per sapere se in autunno potrà ancora passare le serate ad ascoltare l'umorismo gauche del divano rosso di Vergassola e Dandini. Quasi che fosse un genere di prima necessità.
Il cruccio della conduttrice romana è l'incertezza: non sapere ancora se potrà andare in onda o no. E noi la capiamo, poverina, perché dovrebbe mai rinunciare a una lussuosa prebenda di 750 mila euro? Non è mica roba che si trova facilmente in giro un contratto così e il caso Santoro ha dimostrato che le aziende private non sono munifiche e tolleranti come qelle statali.
Sono vere e proprie ubbie. Quando si sta male è meglio parlarne, esternare: e allora giù con interviste, articoli, lettere e se necessario pure manifestazioni. Perché queste sono cose vergognose che "sarebbero impensabili nell'austera Bbc o nel libero mercato dei media americani o in qualunque altro network del mondo conosciuto". Il giardino del vicino è sempre più verde oppure rosso, dipende dai gusti. Anche se poi nei liberalissimi States un commentatore politico viene cacciato su due piedi per aver dato (in un presunto fuorionda) del "cazzone" a Obama. Ma in Italia c'è la "struttura delta", l'organizzazione, degna della penna di Ian Fleming, che gestirebbe l'etere televisivo. "Forze superiori che ormai tutti danno per scontate, poteri che alitano sulle decisioni delle alte sfere televisive, ma noi ormai ci siamo abituati a tutto, non ci spaventa neanche che una importante dirigente del marketing Rai, ex dipendente del presidente del Consiglio ora deputata Pdl, spifferi in anteprima la programmazione alla concorrenza per farla vincere meglio e oscurare le trasmissioni scomode o sgradite al manovratore", scrive con ispirazione esoterica la conduttrice di Parla con me.
Si sa, nella solitudine dell'esilio si stringe amicizia con i compagni di sventura. Fidel Castro solidarizzò con Che Guevara e la Dandini difende la trinità Gabanelli-Fazio-Santoro: "Questa bizzarra e oscura situazione della tv pubblcia italiana si è trasformata in una lotteria - prosegue la Dandini -, ci si chiede se permetteranno alla Gabanelli di fare il lavoro per cui tutti l'apprezzano; se Santoro potrà tornare a fare Annozero a costo zero. Saviano ormai è fuori, questo è sicuro, ma Fazio è ancora a bagnomaria...". Uno scenario apocalittico. e il mercato? La libera competizione delle televisioni commerciali dove ognuno può fare i propri comizi personali senza spendere i soldi del contribuente? La7? Non tocchiamo quel tasto... La sinistra, dopo aver stilato lenzuolate infinite magnificando l'emittente come se fosse la casa delle libertà televisive, l'ha mollata come un pacco. "Tira una brutta aria, anche la gloriosa La7, fino ieri era avamposto di ogni libertà, sembrerebbe colpita dallo stesso implacabile virus che debilita ogni autonomia", si rammarica la proprietaria della seduta che ospita i deretani più snob del Paese.
Non ci vuole un virologo per capire quale sia il morbo di cui, evidentemente, la Dandini si ritiene un necessario antibiotico, ovviamante da pagare con i soldi del sistema sanitario nazionale.Rimane il dubbio dell'estate, quello che tormenta gli italiani sotto l'ombrellone: "Jaafa o Gnaafa?". Una domanda da 700mila euro...
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