"Il rap è lo specchio dei giovani. No agli insulti sterili"

L'artista napoletano è un talento puro e teatrale: "L'ho scoperto grazie a un film con la Pfeiffer..."

"Il rap è lo specchio dei giovani. No agli insulti sterili"
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Se c'è uno che ha alzato il livello del rap in Italia è Clemente Maccaro detto Clementino, 41 anni da Napoli, che ha esordito con Napolimanicomio nel 2006, poi ha inciso con Fabri Fibra e, dal freestyle alle prime serate tv, è diventato un rapper teatrale, completo, credibile. Tutto merito di una fulminazione.

Quando ha capito che l'hip hop sarebbe diventato il suo futuro?

«Un giorno, era il 1996, stavo guardando il film Pensieri pericolosi con Michelle Pfeiffer. Nella colonna sonora c'era Gangsta's paradise di Coolio, favolosa. E c'erano anche molte scene legate al mondo rap, il beatboxing, la break dance. Mi sono innamorato. Ho subito detto: Ehi questa è roba che mi appartiene».

E poi?

«Ho iniziato a fare i primi freestyle (improvvisazioni vocali - ndr). E da lì le prime canzoni. Ma senza il teatro non avrei fatto il rap».

Il rap maestro di vita.

«A me ha insegnato innanzitutto a parlare come mangio, a essere una persona con i piedi per terra. Un rapper è quello che vedi e io sono quello che si vede. Ma non c'è soltanto questa lezione».

Qual è l'altra?

«Aiuta a comprendere davvero il potere della parola e della comunicazione. Questo è il tipo di musica che ti mette concretamente in mano la libertà di poterti esprimere. Un rapper è veramente famoso quando dice quello che pensa, quando non ha peli sulla lingua».

Talvolta però libertà equivale a volgarità. Troppa.

«Sono convinto che si possa essere volgari. Ma che bisogna saper essere volgari».

Si spieghi.

«Quando sei volgare ma il tuo discorso non è fine a se stesso, allora ha un senso accettabile. Se il tuo messaggio diventa flow, allora sei nello spirito del rap. Altrimenti sei fuori misura».

I rapper americani sono spesso estremamente volgari. Anche quelli italiani.

«Sì, se traduci i testi di tante canzoni, beh parolacce e insulti sono abbondanti. Se sono utili a denunciare qualcosa, ci stanno. Ma se è soltanto un'occasione gratuita che finisce lì, allora non hai capito nulla dello spirito di questa cultura fantastica».

Resta il fatto che il nostro linguaggio ne rimane comunque condizionato.

«Il rap si specchia nel linguaggio dei giovani. È la musica più urbana che ci sia, quindi si sposa con la vita delle nuove generazioni. Da napoletano lo capisco bene perché dopotutto anche il napoletano è uno slang».

A proposito, lei ha ispirato i nuovi rapper napoletani.

«Faccio questa musica da più di vent'anni e ho visto tanti tipi di rap, dal gangsta al rap dubstep. Oggi senza dubbio spuntano rapper come funghi ma si capisce subito quando uno è forte e può durare».

Ad esempio?

«Beh noi della old school abbiamo seminato bene e la nuova generazione napoletana è piena di super talenti».

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