Razzi e kamikaze, talebani all’assalto di Kabul

FarahUn razzo sul palazzo presidenziale, una strage di soldati inglesi e civili nel cuore di Kabul, colpi di mortaio contro militari italiani e afghani a nord di Farah, due soldati americani dilaniati da un ordigno nell'est del Paese e, infine, un massacro di civili con almeno 6 morti davanti a un centro elettorale della provincia di Uruzgan. Il tutto per un bilancio totale di almeno 16 morti. A poche ore dalle elezioni presidenziali di domani i talebani sembrano scatenati, decisi a chiudere il Paese in una morsa di terrore e a impedire il voto. L'escalation di violenza e attentati, che ha provocato solo nella capitale otto morti e una cinquantina di feriti, è anche però un segnale di debolezza. Dietro quei razzi lanciati dalla periferia, dietro i colpi di mortaio sparati da lontano, dietro ai kamikaze mescolati alla folla si cela l'incapacità di lanciare attacchi articolati e coordinati contro lo schieramento di forze della polizia, esercito afghano e contingenti stranieri deciso a garantire l'apertura delle circa 7mila sezioni elettorali. Al nord di Farah, dove gli insorti tentano di sorprendere a colpi di mortaio una colonna di paracadutisti e bersaglieri, l'attacco dura solo pochi minuti e si spegne non appena i nostri soldati avanzano verso il villaggio di Pusht Rod da dove è iniziato il fuoco.
Deboli sul terreno, divisi tra i gruppi più estremisti, pronti ad attacchi contro gli elettori, e le fazioni più moderate riluttanti a colpire i civili i talebani concentrano per ora le loro forze contro la capitale. L'effetto non è di poco conto. L'attentato messo a segno da un kamikaze contro un convoglio di militari britannici nella centralissima Jalalabad road è di quelli che lascia il segno. A farne le spese psicologicamente e fisicamente è, ancora una volta lo stremato esercito di Sua maestà costretto, pochi giorni dopo aver sepolto il duecentesimo caduto sul suolo afghano, a piangere altri sei morti. Al mesto stupore britannico s'aggiunge l'effetto terrore provocato nella capitale da quell'attentato. Il groviglio di 8 corpi scarnificati (sei britannici e due civili), le pozze di sangue, le urla dei 50 feriti, l'ululato delle sirene, il caos e la paura sotto le finestre delle organizzazioni internazionali allineate nella Jalalabad road sono un segnale di sicuro effetto. Un segnale che i media rilanciano e moltiplicano contribuendo a diffondere l'idea di un Paese assediato. Un segnale che il governo afghano vorrebbe esorcizzare imponendo la censura su attentati e attacchi degli insorti fino allo svolgimento del voto.
La sceneggiata assassina si apre anche stavolta di buon mattino, durante quelle ore di punta in cui ressa e traffico garantiscono un sicuro bottino di morte. Il kamikaze alla guida dell'autobomba ne approfitta per evitare i posti di blocco e infilarsi nel convoglio britannico appena uscito dalla base inglese situata tra l'ufficio delle Dogane e un complesso delle Nazioni Unite. Mentre la Nato e i portavoce britannici mantengono per lunghe ore il silenzio sulla nazionalità dei militari uccisi, le Nazioni Unite annunciano quasi subito l'uccisione di due suoi impiegati rimasti coinvolti nell'esplosione.
L'attentato era stato preceduto, all'alba, da un lancio di missili caduto all'interno del palazzo presidenziale e a poca distanza da una caserma di polizia. Quel lancio effettuato da lunga distanza, ma comunque preciso nel suo obiettivo, contribuisce a rafforzare l'idea di una capitale e di un presidente sotto tiro. Per Hamid Karzai preoccupato dall'incognita di un possibile ballottaggio quei missili contro i suoi uffici non sono però il peggiore dei problemi.

Stando ad alcuni sondaggi di cui nessuno è in grado di garantire l'attendibilità, il presidente rischia di non superare il 45 per cento e dover affrontare al ballottaggio l'ex ministro degli esteri Abdullah Abdullah a cui gli stessi rilevamenti attribuiscono circa il 25 per cento dei voti.

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