Rcs: Ricucci perde e il patto compra

La vendita a 4,3 euro. Per il «raider» minusvalenza di circa 35 milioni

Angelo Allegri

da Milano

Stefano Ricucci inizia il ritiro forzato da Rcs. Deutsche Bank ha collocato ieri sul mercato il 4,6% del gruppo editoriale in mano all’immobiliarista e da questi affidato in pegno alla banca. In vendita sono finiti anche una quota dell’1,5% di Banca Popolare Italiana e lo 0,8% di Capitalia. Anch’essi erano in garanzia dei finanziamenti ricevuti da Ricucci. A comprare i titoli della società che edita il Corriere della Sera sono stati tre componenti del patto di sindacato che controlla il gruppo editoriale: Pirelli, Banca Intesa e la Dorint di Diego Della Valle. Tutti erano stati autorizzati, in occasione dell’ultimo rinnovo degli accordi parasociali, a salire fino al 5% circa. Pirelli e Intesa avevano il 2,9% ciascuno e in agosto avevano acquisito delle opzioni (che ora non saranno esercitate) per salire di un altro 1,22% ciascuno. Della Valle, invece aveva annunciato in settembre di controllare una quota del 4,3 per cento.
I tre sono ora vicinissimi alla partecipazione massima consentita (4,77% Intesa, 4,81% Pirelli, 4,80% Della Valle) portando la quota di Rcs controllata dal patto di sindacato vicina al 64% del capitale, raggiungendo di fatto il quorum dei due terzi del capitale necessario per eventuali assemblee straordinarie. La «blindatura» della società è dunque completa. L’operazione, anticipata dal Giornale di ieri, non ha comportato una trattativa diretta tra Ricucci e i componenti del patto di controllo di Rcs: una condizione, questa ultima, posta più volte dagli azionisti di riferimento del Corriere che avevano escluso ogni disponibilità ad avviare negoziati con il «raider» romano.
Secondo le indiscrezioni emerse ieri il prezzo a cui la transazione è stata conclusa è stato di 4,3 euro per azione. Se si aggiungono i prezzi pagati per i titoli Bpi (7,6 euro) e Capitalia (4,3 euro) per Deutsche Bank l’incasso è stato di circa 300 milioni. I prestiti effettivamente erogati a Ricucci erano di circa 400 milioni complessivi. Per un centinaio di milioni l’immobiliarista era già intervenuto personalmente con un ripianamento in contanti. Con la vendita di ieri Deutsche Bank sembra dunque chiudere la vicenda Ricucci in sostanziale pareggio.
Diverso il discorso per quanto riguarda Ricucci. La vendita dei titoli Capitalia e Banca Popolare Italiana è avvenuta a livelli di prezzo simili a quelli di acquisto. Per la quota in Rcs fonti finanziarie ipotizzano un valore di carico tra i 5,2 e i 5,3 euro, mentre 5,2 euro è il valore di carico medio dei titoli Rcs in pegno a Banca Popolare Italiana (il 15% circa).
A questi prezzi la minusvalenza per l’immobiliarista sulla quota del 4,6% è intorno ai 35 milioni. Ma se si proietta questa cifra sull’intera partecipazione in Rcs (20,9%), la perdita complessiva, ancora in larga misura teorica, supera i 160 milioni di euro. Tra l’altro dopo l’operazione di ieri le prospettive per Ricucci non sembrano le migliori. Il titolo Rcs ha reagito alle notizie di vendita con cali accentuati e a fine giornata ha finito per cedere l’1,83% attestandosi a 4,28 euro (Capitalia ha ceduto l’1,37% a 4,32 e Bpi il 3,2% a 7,73). Per di più la quota in pegno alla ex Lodi ha perso anche la possibilità dei contribuire alla creazione di una «minoranza di blocco», circostanza che non potrà non riflettersi nelle quotazioni.
Un incontro importante per il destino della quota di Rcs in pegno a Bpi è in calendario domani.

Il neodirettore generale dell’istituto Divo Gronchi incontrerà l’advisor di Ricucci Ubaldo Livolsi. Sul tavolo le ipotesi (si è parlato anche di un prestito obbligazionario convertibile) per la soluzione dell’impasse, in vista del cda della banca fissato per venerdì.

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