La regina Lollobrigida. "Gina è così italiana": parola di Orson Welles

Al Lido la pre-apertura sarà dedicata alla diva con un documentario del '58 del grande regista

La regina Lollobrigida. "Gina è così italiana": parola di Orson Welles

È, stando alle parole di uno che un po' se ne intendeva, «alla più grande di tutte», alla «regina» Gina Lollobrigida che la Mostra del cinema di Venezia dedica la serata di pre-apertura dell'edizione numero 80 (al Lido dal 30 agosto al 9 settembre), domani sera in Sala Darsena con un doppio programma: la proiezione, in collaborazione con Cinecittà, nella versione restaurata per l'occasione dal Filmmuseum München, di un curiosissimo documentario del 1958 di Orson Welles (che è l'autore delle due frasi che abbiamo usato poco fa) dal titolo Portrait of Gina, e del film di cinque anni prima, La provinciale di Mario Soldati dall'omonimo romanzo di Moravia in prima mondiale in versione restaurata per l'occasione dal Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale in collaborazione con Compass Film.

Gina Lollobrigida, all'anagrafe Luigia Lollobrigida, nata a Subiaco in provincia di Roma il 4 luglio del 1927 e morta lo scorso 16 gennaio, e che a 20 anni sulla scheda del concorso di Miss Italia, dove arrivò terza, alla domanda: «Ha aspirazioni di vario genere?», scriveva di suo pugno: «Fare qualcosa di serio con le mie capacità», riempirà dunque il grande schermo del festival più antico del mondo dove l'omaggio proseguirà anche con una mostra fotografica all'Hotel Excelsior, che dividerà con Anna Magnani a cinquant'anni dalla scomparsa, con le immagini provenienti dall'archivio Luce di Cinecittà la cui presidente, Chiara Sbarigia, è impegnata da mesi, con la sottosegretario del ministero della Cultura Lucia Borgonzoni, in un lungo omaggio. A Roma con la mostra, «I mondi di Gina», con 120 fotografie a Palazzo Poli e al Lido di Venezia, il 6 settembre, con l'emissione del francobollo dedicato all'attrice di fama internazionale che è stata anche fotografa, pittrice e scultrice.

Tutti aspetti che vengono richiamati nel singolare reportage in cui Orson Welles appare di persona, con il sigaro d'ordinanza, mentre intervista personalità del cinema italiano come Vittorio De Sica che dice solo «Gina è così italiana», Rossano Brazzi, Paola Mori (terza moglie di Welles) e Anna Gruber, amica storica dell'attrice. «Portrait of Gina ha dichiarato il regista nel 1970 era stato pensato come episodio pilota per una serie proposta alla ABC. Ma loro lo hanno odiato. Avevo avuto molte idee nuove per questo progetto con disegni di Steinberg, molte fotografie, conversazioni, piccole storie e ciò fu considerato segno di incompetenza tecnica. Ho passato molto tempo a fotografare locandine di film. Anche questo li ha infastiditi. Era una pellicola pensata per il piccolo schermo, nella tradizione del giornalismo su carta».

Naturalmente visto oggi, anche in prospettiva storica, è una miniera di scoperte e di conferme, per esempio su quanto fosse ingombrante il genio di Orson Welles che appare e scompare nel breve filmato, meno di mezz'ora, e chissà dove stava brigando in giro per il mondo, dal momento che, spesso, l'abile montaggio non riesce a nascondere il fatto che non ci sia nemmeno lui davanti all'intervistato. Insomma è quasi più un saggio su Welles stesso piuttosto che un documentario sulla Lollo, tanto che il regista aveva poi sottolineato: «In realtà, non si tratta di un documentario. È un saggio, un saggio personale. È nel solco della tradizione del diario, la mia riflessione su un determinato soggetto, Lollobrigida, e non su ciò che lei è in realtà».

E infatti la grande diva italiana non si riconobbe affatto in quel ritratto. I materiali del film, considerato perduto, furono ritrovati quasi trent'anni dopo in un baule lasciato da Welles all'Hotel Ritz di Parigi e proiettati, sempre alla Mostra di Venezia, nel 1986, con Gina Lollobrigida che cercò di limitarne la successiva diffusione. In effetti la parte dedicata alla grande attrice, che viene spesso definita «una ragazza di campagna tornata alla campagna» (per via della splendida villa sulla via Appia alle porte di Roma: «Ma un mondo intero divide le due case» sottolinea perfidamente il regista), alla fine è di pochissimi minuti mentre tutto il film verte su quanto gli attori italiani non siano profeti in patria. È il caso dell'intervistato Rossano Brazzi, mentre Welles riesce a far dire anche a Gina Lollobrigida che «in Italia iniziano ad apprezzare un attore solo dopo che è stato ampiamente elogiato fuori dall'Italia».

L'attrice viene poi incalzata su un problema di fisco che lei doveva in quel momento sentire pressante: «Gli industriali non pagano tante tasse come le paghiamo noi. Non vorrei fare la fine di tante povere attrici che muoiono in miseria». Per poi aggiungere, incalzata da Orson Welles, che «l'Italia è un paese adorabile ma molto strano» perché «mi accusano di tutto tranne che di essere infedele a mio marito», per poi aggiungere, ironica, «non mi accusano però di voler cambiare il mio sesso».

E sì che Gina Lollobrigida aveva preparato tutto per bene, imparando le risposte in inglese, e facendo chiamare per le riprese addirittura Mario Bava che aveva conosciuto come direttore della fotografia dieci anni prima sul set di L'elisir d'amore di Mario Costa

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