Le relazioni pericolose: da Marcos a Ocalan

Dice il saggio: dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io. Ma il rifiuto della supervisione divina (essendo l’Onnipotente impegnato a spacciare oppio tra popoli) condanna i pronipoti di Marx a imbrogliarsi perennemente tra gli uni e gli altri. Prendiamo Prodi, per esempio: è amico o nemico dei compagni di Rifondazione? Nel ’96 lo fanno eleggere a Palazzo Chigi, nel ’98 lo impallinano, passati dieci anni lo votano di nuovo per poi friggerlo a fuoco lento in altri 24 mesi. «Grande è la confusione sotto il cielo, dunque la situazione è eccellente», sentenziava Mao, altro padre nobile di Bertinotti and friends. E nel trionfo della confusione, ecco spiegata la passionaccia di Rifondazione per le amicizie pericolose, l’irrefrenabile spinta a difendere gli indifendibili, ad aiutare gli inaiutabili, a finanziare gli infinanziabili. Fausto Bertinotti ne ha messo insieme un campionario difficilmente eguagliabile. È del gennaio 1997 il filotto Marcos-Castro: un viaggio nel Chiapas e poi a Cuba. La foto dei due subcomandanti uno di fronte all’altro fece il giro del mondo: Fausto in elegante maglia a righe orizzontali modello Piazzetta di Capri e in mano il «Don Chisciotte» di Cervantes (definito da Liberazione nientemeno che «un manuale contro il neoliberismo»), Marcos in divisa guerrigliera con tanto di berrettino, passamontagna e cartucciere. E quando Bertinotti atterrò all’Avana dal Messico, ad attenderlo trovò un invito a cena del grande Fidel, il campione di tutte le democrazie latinoamericane. Una cena al palazzo del Consiglio di Stato in piazza della Rivoluzione che gettò in un certo imbarazzo Piero Fassino, allora sottosegretario agli Esteri, che fu costretto a precisare: «La politica estera dell’Italia è chiara e definita, non credo che un viaggio nel Chiapas la farà cambiare». L’appoggio alle Farc è patrimonio del sub-subcomandante Ramon Mantovani, a lungo responsabile esteri del Prc. L’ex parlamentare è un habitué della foresta colombiana, uno che chiama «leggendario» il capo supremo delle Forze armate rivoluzionarie colombiane, il sanguinario Manuel Marulanda, una mammoletta soprannominata «Tirofijo» (cioè mira precisa) su cui l’agenzia antidroga americana ha posto una taglia di cinque milioni di dollari. Uno che garantisce: «Se i gringos venissero troverebbero un bel benvenuto, sarebbe un nuovo Vietnam». Lo scorso marzo, quando «il compagno, il comandante Raul Reyes» (uno dei capi della guerriglia) fu ucciso dai reparti speciali dell’esercito di Bogotà, lo commemorò in un toccante articolo pubblicato da una rivista come Limes che non citava neppure alla lontana Ingrid Betancourt. Il sub-sub Ramon, assieme al sub-sub-subcomandante Marco Consolo, avevano portato Reyes in Italia, ospite di Rifondazione, facendolo ricevere alla Farnesina nel 1997. Da anni le Farc usavano il traffico di cocaina come principale forma di autofinanziamento. Mantovani però preferiva ricordare con commozione un altro genere di conforto, una bottiglia di whisky Buchanan 18 anni stappata nella foresta dall’uomo «che lottava con le armi e con l’ironia». Il capolavoro della coppia Mantovani-Consolo fu l’arrivo in Italia di Abdullah Ocalan, il terrorista turco leader del partito curdo Pkk che il sub-sub prelevò a Mosca e scortò in aereo a Roma, nella certezza che il governo «amico» di Massimo D’Alema (il quale doveva riconoscenza ai Bertinotti-boys per avergli spalancato le suite di Palazzo Chigi) gli avrebbe concesso asilo politico. Quelli di Rifondazione sono così: romantici, sognatori, utopistici. Sono certi che con gli amici tutto si aggiusta. Sono convinti che Ocalan, Marcos, Reyes non sono nemmeno compagni che sbagliano, ma compagni che fanno esattamente ciò che deve essere fatto. Pensano che la Costituzione italiana, le leggi, i rapporti internazionali siano pastoie che loro possono aggirare. Nel momento in cui il fondatore del Pkk scese all’aeroporto di Fiumicino, i suoi accompagnatori ignoravano che l’Italia non poteva né estradarlo né ospitarlo, non si curavano di creare un incidente diplomatico convogliando su D’Alema le accuse di violare le norme costituzionali che regolano il diritto di asilo.

E se ne fregavano se la Turchia avrebbe decretato l’embargo contro le aziende italiane: tanto peggio per il padronato. Ma tant’è, per Rifondazione le amicizie davvero pericolose non sono quelle con i terroristi, ma con gli imprenditori asserviti al capitale.

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