Mastrota: "Renzi imbonitore come me ma vende fumo, non pentole"

Da trent'anni reclamizza prodotti in tv: "Se oggi la gente compra meno è colpa dell'Isis. Matteo mi imita? Lui non può dire soddisfatti o rimborsati"

Mastrota: "Renzi imbonitore come me ma vende fumo, non pentole"

Il diavolo fa le pentole, ma Giorgio Mastrota le vende (dotate anche di regolare coperchio). Un «patto», quello tra belzebù e l'hidalgo delle televendite sulle reti Mediaset, che va al di là del fatto puramente commerciale. Mastrota, 53 anni, sfoggia infatti lo stesso fisico tonico di quando nel 1988 si aggiudicò la fascia di «Uomo ideale» al concorso «Il più bello d'Italia». Solo i capelli gli hanno fatto un po' ciao ciao. Ma per il resto il suo ritratto alla Dorian Gray si riflette, immutabile, nel lucido della batteria da cucina che in circa 30 anni di spot questo l'highlander nato a Milano il 15 maggio 1964 è riuscito a piazzare in quasi tutte le case degli italiani. Idem per i materassi (a una o due piazze) in tessuto anallergico con doghe in legno di faggio. Poi, una volta alzati dal letto, tutti di corsa nel box doccia (per i più anziani si consiglia la pratica vasca con apertura laterale): «prodotti di qualità» anch'essi smerciati senza sosta a colpi di verve mastrotesca. Insomma, se milioni di italiani dormono comodamente, spadellano efficacemente e si lavano con soddisfazione, il merito è anche del signor Mastrota. Ma per arrivare a questi livelli la gavetta è stata dura. Fresco di laurea in Scienze politiche alla Statale di Milano, ad esempio, il giovane Giorgio dormiva su un materasso non griffato e cucinava con pentolame dozzinale. Quello infatti che nel proseguo degli anni sarebbe diventato il «cavalier custode dell'acciaio inox», nonché «guerriero nordico di pura lana merinos», era ancora solo un semplice ragazzo di bella presenza e dalla parlantina brillante. Leggenda vuole che i materassi, molto prima di pubblicizzarli in tv, l'aitante Mastrota li abbia «collaudati» con molte donne.

Prima del matrimonio con le televendite, c'è stato un lungo fidanzamento con programmi tv - diciamo così - normali.

«È vero. Ho esordito nel 1991 a fianco di Gianfranco Funari».

Una parola per definire Funari?

«Animale».

Prego?

«Animale televisivo, intendo. Sembrava nato per stare davanti alla telecamera. La padroneggiava come ho visto fare a poche persone».

Negli ultimi anni, a furia di padroneggiarla, ne era forse diventato un po' schiavo.

«Sì, a volte ha ecceduto. Ma il personaggio era quello. Prendere o lasciare».

Lei ha preso?

«Mi ha insegnato tantissimo. Il suo atteggiamento da teleimbonitore, si è rivelato utile in quello che è diventato il mio vero mestiere».

Qual è il suo vero mestiere?

«Il televenditore».

Per questa professione è più importante essere bello o aver un'ottima parlantina?

«L'ottima parlantina è fondamentale. Ma anche un aspetto gradevole non guasta».

Lei assomma entrambe le qualità?

«Chi mi vuol bene dice sì. Chi mi vuol male dice che ho solo avuto una gran fortuna».

Nostalgia per quando faceva la televisione?

«Nessun rimpianto. Da conduttore mi sono tolto tante belle soddisfazioni. Poi è arrivato un momento di crisi. Le televendite erano un buon ripiego che mi consentivano di rimanere nell'ambiente televisivo anche se non da protagonista di prima grandezza».

Molti, nei suoi panni, si sarebbero abbattuti. Magari preferendo aspettare un'«occasione migliore».

«Sarebbe stato un errore. Perché nel nostro ambiente le occasioni migliori non sempre arrivano. Ne ho visti tanti di colleghi decidere di fermarsi ai box. Per poi non ripartire più...».

Eppure in tv ci sono tante mezzecalzette...

«Non ho rimpianti. Questo lavoro mi consente di avere le mani libere e di fare scelte in tutta libertà e autonomia. Partecipo spesso come ospite in varie trasmissioni, ma vado solo dove mi trovo a mio agio e so di divertirmi».

Parola d'ordine: stare lontano dalla gente con la puzza sotto il naso.

«Nel mio ambiente ce n'è tanta di gente che si atteggia a star. A me piace invece il contatto con la gente. Frequento i mercati. Dagli ambulanti cerco spunti per le mie tecniche di vendita. A volte vorrei dilungarmi sulle caratteristiche dei prodotti che presento, ma i tempi televisivi sono serratissimi».

Mai sofferto, quindi, della «sindrome del bollito»?

«Con tutte le pentole che ho venduto, il rischio di sentirsi bollito è reale. Ma, scherzi a parte, amo la mia attività professionale e oggi, mi ritengo appagato».

Appagato anche economicamente, Dagospia ha scritto che guadagna 850mila euro all'anno.

«È una cifra irreale. Ma comunque guadagno molto bene».

Ha tre figli da tre mogli diverse. Pensa di fermarsi o di continuare?

«E chi può dirlo? I bambini sono una gioia. Sono pazzo di felicità per l'ultima arrivata che ha appena tre anni. Poi c'è un maschio e la figlia più grande: Natalia, 21 anni».

Natalia è la primogenita. L'ha avuta da Natalia Estrada, la sua prima moglie. Come mai la figlia si chiama come la madre?

«In Spagna è una consuetudine dare ai figli gli stessi nomi dei genitori».

Nel suo mondo ci sono solo vipere o anche amici?

«Le vipere le evito. Di amici ne ho tanti».

Tre nomi di persone care?

«Il primo: Gerry Scotti. Anche se...».

Anche se?

«Un po' ce l'ho con lui. I suoi programmi sono proprio il genere televisivo che con cui mi sarebbe piaciuto continuare a cimentarmi. Ma lui ha occupato tutti gli spazi».

Con la stazza di Gerry è facile occupare gli spazi.

«No, Gerry gli spazi li ha occupati grazie alla sua bravura».

Seconda persona a lei cara?

«Patrizia Rossetti».

L'immarcescibile Patrizia Rossetti. Anche lei continua a martellare con la vendita delle carrozzine a motore. Voi due siete un po' i Ginger e Fred delle televendite.

«Abbiamo entrambi un pubblico di persone avanti con gli anni. È un target tradizionalista che ci vede come persone di famiglia. Entrare nelle loro case e sentire il loro affetto è molto gratificante».

Terzo nome caro?

«Antonella Clerici».

L'Antonellona nazionale, specializzata in gaffe sexy.

«Occupandosi di cucina, ortaggi e frutta, i doppisensi vengono facili. Ma lei è una ragazza di classe. E non potrebbe mai risultare volgare. Nelle sue trasmissioni vado sempre con piacere. Mi faccio grandi risate. Oltre a grandi mangiate».

A un televenditore non interessando i dati Auditel, guarda invece i dati delle vendite dei prodotti che reclamizza?

«Anche noi abbiamo il nostro borsino. Una sorta di fixing che risente anche di quanto accade nel mondo».

Vuol dire che dopo un attentato dell'Isis si vendono meno materassi, pentole e box doccia?

«È così. Quando nel Paese si crea un clima di allarme, le vendite calano».

A proposito di allarme, in Italia Renzi è stato paragonato a un televenditore «modello Mastrota». C'è del vero o è un gemellaggio improprio?

«C'è del vero. Renzi a volte si rivolge alla telecamera con l'atteggiamento di chi dice venghino signori, venghino.... Ma tra me e lui c'è una profonda differenza».

Quale?

«Io posso vendere i miei articoli aggiungendo la postilla soddisfatti o rimborsati. Lui no».

In effetti ai tanti italiani insoddisfatti da Renzi, nessuno li rimborsa.

«No, anche perché la specialità della politica non è vendere cose reali e concrete, ma solo tanto fumo, inteso ovviamente come promesse non mantenute».

Altra cosa che la accomuna a Renzi: le barzellette. In rete, sia su di lei che sul premier, ne circolano tantissime.

«Roba cattiva?».

Macché. La sa l'ultima sui «preliminari» di Mastrota?

«Questa mi manca...».

I preliminari prima di un rapporto con Giorgio Mastrota

comprendono la descrizione del materasso. E in regalo, dopo il rapporto, un copriletto matrimoniale ricamato a mano.

«Voglio rovinarmi: alle prime dieci do in omaggio anche il guanciale in piuma d'oca... Ahahahaha».

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