Il retroscena Ecco perché Karzai vede Gino Strada come il fumo negli occhi

Sbagliare è umano, perseverare diabolico. Il nostro esecutivo lo sa bene, anche perché è consapevole di agire nella scia degli errori commessi dal governo Prodi per ottenere la liberazione del giornalista Daniele Mastrogiacomo. Per questo la parola d’ordine è muoversi con prudenza evitando tutte quelle forzature pretese da Emergency e da quanti accusano il ministro degli esteri Franco Frattini di scarsa determinazione. Proprio le forzature esercitate in passato sono all’origine della diffidenza nutrita nei confronti di Emergency non solo dai servizi segreti afghani, ma anche dal presidente Hamid Karzai.
E proprio l’ostilità di Karzai rende complessissima la risoluzione politica del caso Emergency. Una soluzione raggiungibile, sostengono fonti autorevoli interpellate da Il Giornale, solo attraverso una paziente trattativa e solo se agli sforzi della Farnesina s’aggiungeranno discrete pressioni degli Stati Uniti e una maggior disponibilità del Regno Unito, esasperato dal ruolo di Emergency nella provincia di Helmand. Proprio per questo il premier Silvio Berlusconi s’è rivolto innanzitutto a Karzai, indirizzandogli una lettera che punta a riprendere un dialogo drasticamente compromesso dalle esperienze passate. Proprio per questo il governo si guarda bene dall’agire con l’irruenza pretesa da Emergency.
La fonte di tutti i mali sono sempre gli errori commessi nel caso Mastrogiacomo, quando il ministro degli Esteri D’Alema affidò a Gino Strada la trattativa. Già quella decisione venne interpretata a Kabul come un affronto. In passato i casi di Clementina Cantoni, la volontaria rapita nel maggio 2005, e quello di Gabriele Torsello sequestrato nell’ottobre 2006 erano stati risolti grazie alla stretta collaborazione tra la nostra intelligence e quella afghana. La brusca svolta venne vissuta come un sgarbo immotivato dagli afghani. Ad aggravare il tutto s’aggiungevano i sospetti degli 007 di Kabul nei confronti dei dipendenti afghani di Emergency e in particolare di Ramatullah Hanefi, responsabile dell’ospedale di Lashkar Gah. I capi dei servizi afghani già sapevano che era stato Hanefi a consigliare a Torsello di lasciare Lashkar Gah in autobus fornendogli un biglietto con un posto numerato. Lo stesso posto su cui puntò a colpo sicuro il gruppo di talebani che bloccò l’autobus poco dopo Lashkar Gah. Il fatto che anche Mastrogiacomo fosse stato rapito subito dopo essersi rivolto a Hanefi moltiplicò i sospetti.
Ma a peggiorare il tutto contribuì l’atteggiamento tenuto da Gino Strada che gestì, stando a fonti d’intelligence, con «scarsa sensibilità e arroganza» i rapporti con gli inquirenti afghani, ignorandoli e tenendoli sistematicamente all’oscuro delle proprie mosse. A questo s’aggiunse la superficialità di una mediazione del tutto indifferente alle delicate conseguenze politico-diplomatiche. Mentre per Torsello era stata rifiutata qualsiasi condizione imbarazzante per il governo afghano e gli alleati, nel caso Mastrogiacomo l’esecutivo Prodi indicò come unica strada percorribile lo scambio di prigionieri mediato dall’ambiguo Hanefi e avallato da Emergency. A quella scelta s’aggiunse un diktat nei confronti di Karzai, costretto dal governo Prodi a scegliere tra il rilascio del poker di pericolosi capi talebani richiesti dai rapitori e il ritiro del contingente italiano. E si aggiunsero pressioni continue e insistenti ricordate da Hamid Karzai come una persecuzione politico-diplomatica.
La goccia che fece traboccare il vaso fu la decapitazione di Adjmal Nashkbandi, il giornalista e interprete afghano inizialmente liberato assieme a Mastrogiacomo. Emergency, desiderosa di portare a casa il nostro connazionale, «dimenticò» Adjmal, ricatturato dopo l’apparente rilascio e sgozzato qualche settimana dopo. La sua uccisione, decisa dai talebani per dimostrare che il presidente era pronto a tutto per liberare degli stranieri ma indifferente alla sorte di un connazionale, si abbatté come un boomerang sulla testa di Karzai.

Che giurò pubblicamente di non muovere più un dito per gli stranieri, sviluppò un senso di diffidenza nei confronti degli italiani e di aperta ostilità nei confronti di Gino Strada e di Emergency. Tornare a rialzare la voce con Karzai pretendendo soluzioni drastiche e immediate renderebbe praticamente impossibile una trattativa che già ora si preannuncia lunga e complessa.

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