La ricetta anti crisi del Pd? Triplicare le tasse

Il dossier della Lega: se in Bicamerale fossero passati gli emendamenti presentati dal centrosinistra, la pressione fiscale dei Comuni sui cittadini sarebbe aumenta da 11,5 a 35,8 miliardi di euro. Eppure l’opposizione continua a parlare di "federalismo delle imposte"

La ricetta anti crisi del Pd? Triplicare le tasse

Roma - Una mitragliata di imposte aggiuntive, cedolari, addizionali, maggiorazioni. Arrivate in sequenza dal Pd, e proprio dagli stessi parlamentari che stanno attaccando il «federalismo delle tasse» portato a casa da Lega e Pdl. La Lega Nord ha preparato un contro-dossier, andando a ripescare gli emendamenti presentati dal Pd in bicamerale e che se fossero passati avrebbero «triplicato la pressione fiscale» dei comuni sui contribuenti. Arrivando, secondo le stime leghiste, alla cifra monstre di 35,8 miliardi di euro (limite massimo) di tasse municipali, rispetto agli 11,5 miliardi attuali.

L’onorevole Francesco Boccia («con questo federalismo aumentano il centralismo e le tasse», ha detto più volte) è l’autore dell’emendamento n. 23 che proponeva una cedolare secca sugli affitti al 23%, rispetto al 21% fissato dal testo della maggioranza. Questo 2% in più di tasse si sarebbe tradotto in 578 milioni di euro in più (ma di prelievo fiscale) per i proprietari di case in affitto. «Purtroppo il lupo perde il pelo ma non il vizio, soprattutto quello di mistificare la realtà» dice il vicepresidente leghista della Bicamerale, il senatore Paolo Franco, autore dello studio. Ma Boccia non è da solo nel Pd ad aver proposto emendamenti pro tasse al decreto sul federalismo. Anche Marco Stradiotto, senatore democratico ora molto attivo nella critica alla nuova legge («aumenteranno le tasse e non diminuiranno gli sprechi») si era fatto promotore di due emendamenti che avrebbero fatto lievitare la pressione fiscale.

Nel primo si parlava di una componente aggiuntiva dell’Imu (l’imposta municipale che assorbe la vecchia Ici sulla seconda casa e l’Irpef) da 20 a 150 euro per immobile. Siccome ogni imposta ha una sua valutazione d’impatto nella relazione tecnica degli uffici legislativi del Parlamento, si calcola che questo surplus democratico sarebbe costato fino a 8,9 miliardi di euro di incremento fiscale. Sempre Stradiotto, nell’emendamento n. 64, aveva proposto una nuova imposta, cioè un «canone municipale facoltativo per la manutenzione di spazi e fabbricati pubblici». L’ex sindaco di Bologna, Walter Vitali, uomo chiave del Pd nella Commissione per l’attuazione del federalismo, si è speso invece per far aggiornare i valori degli estimi catastali, secondo lui troppo bassi. In effetti sono fermi dal 2005 e con l’adeguamento all’inflazione proposto da Vitali si sarebbero recuperati circa 2,2 miliardi i euro, tra Irpef e Ici. Ma sempre dalle tasche dei contribuenti.

Il democratico bolognese non si è fermato lì ma ha proposto anche una addizionale sui diritti di imbarco e una maggiorazione del 50% per il canone pubblicitario applicato dai Comuni. L’addizionale sui diritti di imbarco significa un aggravio delle tasse che paghiamo alle autorità portuali (in mare o negli aeroporti) e che finiscono nel conto dei biglietti. Qui i contribuenti avrebbero smenato circa 82 milioni di euro in più rispetto alla tassazione vigente (rimasta invariata). Mentre l’aumento del canone per le aziende che usano spazi comunali per pubblicizzare i propri prodotti avrebbe subito un aumento notevolissimo, il 50%, pari a 85 milioni di euro in più per le casse dei Comuni, e in meno per i privati.

Un altro «tassatore» democratico, nel dossier della Lega, è l’onorevole Antonio Misiani. Lui aveva avuto due idee. La prima era di fissare l’aliquota dell’Imu non al 7,6 per mille, ma all’8,5 per mille. Non solo, Misiani ha anche proposto (con l’emendamento n. 56) un «contributo di soggiorno fino a 10 euro». Vale a dire una tassa di scopo, come quella introdotta dalla maggioranza, ma con due differenze. Quella del Pd non è facoltativa ma obbligatoria. Secondo: il decreto passato in Parlamento fissa il limite massimo (facoltativo) a disposizione dei sindaci in 5 euro a persona, quello di Misiani arrivava al doppio.

«Ho tralasciato la famosa proposta della “service tax” - spiega Franco - che reintroduceva surrettiziamente l’Ici sulla prima casa, quel bene che i cittadini, gli operai, hanno costruito con grande sacrificio,

pagandola con il proprio onesto risparmio (già tassato!), magari dopo anni di onerosi finanziamenti bancari. Questa è la politica di contenimento della pressione fiscale che il Pd avrebbe attuato con il federalismo municipale».

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