La riduzione delle imposte? Non dipende solo dalla ripresa

Giulio Tremonti, ha dichiarato nella «convention» di Arezzo del Pdl che la riduzione delle imposte si farà quando ci sarà la ripresa, in quanto attuarla prima è da irresponsabili. Claudio Scajola, ministro delle Attività produttive, succeduto a lui sul palco, ha detto che se la crescita sarà di un punto di Pil, a fine anno sarà possibile fare una prima riduzione fiscale, per dare un segnale significativo.
A me pare che si sia aperto più di uno spiraglio per una riduzione delle imposte, di entità modesta, ma significativa, nel 2010. Tutto ruota sul gettito fiscale stimato per il 2010, che garantisce le spese per esso previste, che come dice Giulio Tremonti, hanno la priorità assoluta e che riguardano la sicurezza del posto di lavoro, le pensioni, la sanità. Obiettivi giusti, che però non comportano di dovere ripianare con le finanze dello Stato ogni dispendio delle Regioni nella sanità, in eccesso agli stanziamenti. Se Regioni virtuose come Lombardia o Veneto stanno nei parametri previsti e altre come il Lazio, governato con la demagogia di Piero Marrazzo, li sfondano, non si può continuare in questi ripiani, che costituiscono una beffa per gli amministratori virtuosi e per il contribuente.
Pierluigi Bersani sostiene che quelle di Tremonti sono «favole». Ma se il partito di cui il Pd è erede non avesse fatto una politica di aumento delle imposte e di mutilazione della riforma delle pensioni dei governi Berlusconi, ora ci sarebbero minori spese e minore pressione fiscale. Aggiungo che il governo attuale non ha aumentato il carico fiscale ma, con alcuni ritocchi, lo ha diminuito. Sul lavoro straordinario è stata attuata una riduzione di aliquota Irpef, che introdotta nel 2008 a valere sul 2009, è stata prorogata ed è destinata a diventare permanente e, presumibilmente, ad ampliarsi. La richiesta di Bersani di un’immediata riduzione delle imposte, è demagogica perché lui non indica la copertura.
Tuttavia se il problema della copertura, attualmente, esiste, le cose cambieranno se ci saranno due eventi che possono comportare un maggior gettito rispetto a quello che Tremonti ha previsto nella legge finanziaria. Allora c’è il rischio che siano le spese ad aumentare più delle previsioni. Così accadde con l’ultimo governo Prodi in cui le maggiori entrate, denominate «il tesoretto» vennero destinate a maggiori spese. In giugno ci sarà il maggiore introito derivante dalla proroga dello scudo fiscale sino ad aprile. Inoltre, un maggiore gettito permanente potrebbe derivare da un miglior funzionamento delle cedolari secche sui redditi dei capitali esteri non dichiarati, parcheggiati in Lussemburgo e in Austria. Secondo il ministero dell’Economia i miliardi occultati in tali oasi fiscali prima dei rientri con gli scudi fiscali erano circa 500 miliardi. Al netto dei rientri, sono 300. Sulla base delle cedolari vigenti dovrebbero dare 2-3 miliardi, ma il fisco italiano riceve solo 4,6 milioni dal Lussemburgo e 7,1 dall’Austria. Il braccio di ferro di Tremonti con questi Stati potrebbe far recuperare una parte di questi soldi e migliorerebbe la concorrenza del nostro sistema bancario rispetto a quello dei Paesi in questione (è questo il vero ostacolo alla adesione dei loro governi). Un secondo flusso fiscale addizionale può derivare da una ripresa maggiore dello 0,7% del Pil su cui è stata fatta la previsione delle entrate per il 2010. Dubito però che, per un maggior gettito, basti una crescita dello 1%. Serve qualcosa di più. Se ci sarà un maggior gettito anche di pochi miliardi rispetto alle previsioni, che cosa si intende farne? È questo il punto cruciale. Infatti, ove esso sia investito in una riduzione di imposte mirata alla crescita, come la detrazione, anche parziale dell’Irap sui costi del lavoro dal reddito tassato con l’imposta diretta statale o l’imposta secca del 20% per gli affitti degli immobili, cominciando da quelli delle abitazioni, avremo una maggiore crescita nel 2010 e negli anni seguenti.
Occorre attivare questo circolo virtuoso: destinare il maggior gettito non a maggiori spese, ma a riduzioni fiscali che servono per la crescita e, quindi, danno maggior gettito. Infatti, come dice Tremonti, quando aumentano i redditi, aumenta la pressione fiscale, senza che aumentino le aliquote.

Ciò perché aumentano i redditi e i consumi oggetto di tassazione o essi passano da aliquote basse ad aliquote maggiori. Non si deve immaginare una macchina prodigiosa. Ma se non si adotta il principio che il maggior gettito non va destinato a nuove spese ma a minori imposte, rimarremo con una crescita del Pil deludente.

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