Il riformista Fassino nel mirino di Grillo e Cgil perché vuole la Tav 

Appena eletto primo cittadino di Torino, ha difeso la Fiat di Marchionne e l’alta velocità ferroviaria scatenando le ire di Cgil e grillini. Saprà difendersi da questa sinistra estremista?

Il riformista Fassino 
nel mirino di Grillo e Cgil 
perché vuole la Tav 

Salviamo il compagno Fassino. È una missione non facile, occorre riconoscer­lo. Ma ora che è stato paracadutato, dal voto dei torinesi, nella Sala Rossa, nomen omen , del Palazzo civico, la sua posizione obiettivamente non è invidiabile. È accer­chiato, pressato, guardato a vista. Deve pagare una sfilza di dazi e gabelle a tutti coloro che lo hanno aiutato o perlo­meno non lo hanno ostacolato nella cor­sa alla poltrona di sindaco. Deve vederse­la con gente che è sempre sveglia come i grilli.

Anzi, come i Grillini. Che gli hanno promesso prima, durante e dopo la cam­pagna elettorale di analizzare, come fos­sero quelli dei Ris, ogni sua delibera. Ha la Fiom e tre quarti di mondo me­talmeccanico, duro e puro, che gli pesa addosso (pensate un po’ che faticaccia per lui, esile come un grissino, il tipico ini­mitabile grissino di Torino) per la questio­ne Fiat. E lui, allora, che ha giurato e sper­giurato, di essere il sindaco di tutti, che fa? Annunzia testualmente: «In queste due settimane dal voto ho avuto contatti telefonici con l’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, che si tro­va negli Stati Uniti. Nel corso dei colloqui abbiamo concordato che al suo rientro ci sarà un incontro, spero già la prossima settimana, per discutere dello sviluppo di Torino e dei rapporti tra città e Fiat».

E, come se non bastasse, chiuso all’an­golo da una situazione antipatica, aggiun­ge: «Fiat ha fatto bene a integrarsi con Chrysler perché da sola avrebbe avuto maggiori difficoltà a stare sul mercato. Naturalmente questo mette in essere un processo di riorganizzazione e noi ci bat­teremo perché Torino non sia penalizza­ta. Il fatto che sia stata la Fiat ad acquisire Chrysler e non il contrario ci dà qualche garanzia in più». E a poi c’è anche il Fassino in sosta sui binari che va salvato. Già, quella benedet­ta Alta Velocità. La Tav. Che da anni semi­na panico, falò, barricate e sassaiole in Val Susa. Che scatena antagonisti e agita, rieccoli, i soliti grillini. A Chiomonte, gior­ni fa, come sappiamo sono volati 120 chi­li di pietre contro operai e forze dell’ordi­ne che volevano aprire un cantiere-chia­ve per la Tav. E allora lui, l’esile Fassino che ha fatto? Gli è toccato parlare, perché il sindaco di tutti, anche se assediato, de­ve parlare.

«Non realizzare la Torino-Lione - ha sentenziato- taglierebbe fuori il Piemon­te, forse questo punto cruciale non è ab­bastanza chiaro in Val di Susa perché la Tav comunque verrà realizzata». E lo ha detto nientemeno che a una riunione pro­mossa dall’Unione Industriali. Il neo sin­daco di Torino ricordando che esistono due alternative già sulla carta, il passag­gio da Genova a Milano e quello a nord delle Alpi da Ginevra a Milano, ha tenuto a precisare che «la Torino-Lione non è so­lo una ferrovia, è riduttivo presentarla in questo modo, è un corridoio, un asse stra­tegico di sviluppo e investimenti». E contro gli sciamannati che lanciano pietre e alzano barricate? «Qualsiasi per­sona democratica non può che condan­nare i disordini in Val di Susa contro l’apertura del cantiere Tav di Chiomon­te. Ritengo incomprensibile e colpevole l’atteggiamento violento di alcuni facino­rosi che hanno impedito il regolare inizio dei lavori.

La Tav è necessaria a Torino e al Piemonte se vogliamo rilanciare svilup­po e creare occupazione.

Rinunciare alla linea ferroviaria ad alta velocità, o ritar­darne ulteriormente la realizzazione, è un grave danno alla nostra economia e al nostro futuro. La mia solidarietà va agli operai dei cantieri e alle forze dell’ordine che hanno responsabilmente contrasta­to le violenze». Tranquillo, compagno Fassino, non saremo insensibili al tuo gri­do di dolore.

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