Come rilanciare gli investimenti

Sbagliano quanti dicono, come la sinistra, che niente va bene, e men che meno ciò che fa il governo. Alla stessa maniera, però, sbagliano quanti sostengono, invece, che «tutto va ben madama la marchesa» anche quando palesemente non è vero. Rivendichiamo il merito di aver scritto, dalle colonne del quotidiano edito dalla famiglia Berlusconi, che alcune norme introdotte nel provvedimento economico non solo violerebbero la Costituzione, ma trasformerebbero nel profondo la nostra democrazia parlamentare come, ad esempio, la facoltà data al ministro dell’Economia di modificare gli stanziamenti di bilancio previsti dalle leggi con propri decreti amministrativi.

Il pronto e saggio richiamo del presidente Napolitano e l’altrettanto rapida condivisione dell’intero governo a modificare queste norme ci confortano nel continuare in un’antica pratica di libertà, che non è assolutamente in contraddizione con il senso di appartenenza politica. Anzi, ne è il sale. Detto questo, troviamo lungimirante il riferimento governativo ad un ruolo più incisivo della Cassa depositi e prestiti nelle politiche di sviluppo del Paese. Per chi non lo ricordasse, la Cassa gestisce il risparmio postale (quasi 40 miliardi di euro annui). Questo vantaggio antico era ed è legato al fatto che la Cassa depositi e prestiti finanzia con appositi mutui gli investimenti dei Comuni e delle Province. Negli ultimi anni, per ragioni prevalentemente legate al fabbisogno pubblico, la Cassa depositi e prestiti ha acquistato dallo Stato partecipazioni industriali rilevanti, tra cui spiccano quote dell’Eni e dell’Enel e ha venduto alle fondazioni bancarie il 30 per cento del proprio capitale. È dunque passato il tempo dello scontro tra Giulio Tremonti e le fondazioni bancarie, all’epoca ritenute, a torto, un’anomalia del nostro ordinamento, mentre noi le consideravamo per ciò che in realtà sono, e cioè degli investitori istituzionali.

Da qui, allora, il salto naturale per la Cassa depositi e prestiti, e cioè il passaggio da una funzione «necessitata» (dar quattrini allo Stato comprandosi quote di aziende pubbliche) a una funzione strategica che faccia dello sviluppo il suo obiettivo di fondo.
Come i lettori ricorderanno, da oltre un decennio sosteniamo che c’è bisogno di più pubblico nel mercato per difenderne, con gli strumenti che gli sono propri, il suo valore e la sua autonomia. Oggi più a rischio di ieri, vista e considerata la famelica aggressione dei cosiddetti fondi sovrani (cinesi e russi in prima linea) che, saccheggiando le economie occidentali in affanno, praticano con gli strumenti del mercato una politica neoimperialista, portando nuovo potere economico a Stati che sono ancora molto lontani dalla democrazia politica. Ma c’è qualcosa di più e di diverso che la Cassa depositi e prestiti può fare per aiutare lo sviluppo del Paese. Essa può diventare il «general contractor» dello Stato per grandi opere pubbliche remunerabili sul mercato.

Se, ad esempio, lo Stato affidasse alla Cassa depositi e prestiti la concessione di una serie di assi autostradali o di infrastrutture ambientali o di altro genere, a fronte del suo impegno a finanziarne l’immediata realizzazione, metterebbe la Cassa in condizione di scegliersi, attraverso gare pubbliche, uno o più soggetti privati come soci industriali, e cioè gestori delle opere pubbliche. A questi ultimi andrebbe dato l’obbligo di finanziare l’uscita nel medio periodo della Cassa depositi e prestiti, facendole recuperare, così, le risorse investite. A nessuno sfugge che questo sarebbe un grande volano per gli investimenti pubblici e, nel contempo, per la crescita della gestione privata di molti servizi di pubblica utilità.

Staremo a vedere se nei prossimi mesi l’attenzione del governo sarà catturata da un decisionismo autoreferenziale o, al contrario, da un processo decisionale che tragga dal confronto, parlamentare e no, lievito e sostanza.

Quest’ultima strada potrà più facilmente essere intrapresa se il governo sarà aiutato da un partito che ancora non c’è, quel partito del Popolo della libertà che sappia fare della democrazia davvero l’arma vincente.

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