Rinvii, ostacoli e veti: governo in retromarcia anche sul nuovo Fisco

Slitta la discussione della legge delega per il "no" di alcuni ministri. Dall’Imu alla lotta all’evasione, tutti i rebus sul tavolo dell’esecutivo

Roma - Un rinvio annunciato. Il disegno di legge delega che fissa i criteri fondamentali della riforma del fisco ha fatto solo da comparsa nel Consiglio dei ministri di ieri, con un rapido pre-esame che non è entrato nel dettaglio. Nessuna approvazione, rinviata a data da destinarsi. Ufficialmente per l’assenza del premier Mario Monti, in Asia per un viaggio istituzionale da lunedì e per la tanta carne al fuoco sul barbecue ieri a Palazzo Chigi. Ma di fatto perché alcuni ministri si sono messi di traverso, rifiutandosi di fare passi avanti sulla riforma del fisco se non saranno chiariti alcuni passaggi del disegno di legge. In particolare si è fatto sentire il ministro dell’Agricoltura Mario Catania, che vuole chiarimenti sull’Imu rurale. Insomma, se non siamo alla retromarcia poco ci manca.

La riforma Monti nel libro delle intenzioni immagina un fisco «più equo e orientato alla crescita». I punti fondamentali del disegno di legge - che contiene diciassette articoli e prevede che la revisione si concretizzi con uno o più decreti legge da emanare entro nove mesi dall’entrata in vigore della legge delega - riguardano la casa e l’evasione fiscale. Per quanto riguarda la prima voce, il dl prevede la modernizzazione del catasto, con l’avvicinamento delle rendite catastali ai valori di mercato (entro tre anni) e l’utilizzo non più del numero di vani bensì dei metri quadri come base per il calcolo della rendita. Modifiche che dovrebbero rendere più equa l’Imu e non necessariamente più pesante, dal momento che è prevista una contestuale riduzione delle aliquote. Quanto all’evasione fiscale, il governo conta di renderla più efficace grazie al rafforzamento dell’attività di controllo, al potenziamento della tracciabilità dei pagamenti, della fatturazione elettronica. Non solo: il maggiore reddito accertato avrà conseguenze anche sulle altre imposte e sui contributi previdenziali. Dopo il bastone, ecco la carota: il «gettito conseguente alla riduzione dell’evasione» sarà destinato a un fondo strutturale che finanzierà agli sgravi fiscali. Ma non prima di un paio di anni. Gli altri punti prevedono una riduzione dell’erosione fiscale attraverso la prevista eliminazione o riduzione - che spetterà a una commissione - delle cosiddette tax expenditures, che abbattono l’imponibile. La revisione del sistema sanzionatorio e del contenzioso tributario. La razionalizzazione dell’Iva. L’introduzione di una carbon tax che pesi maggiormente sulle aziende più inquinanti.

Certo invece il ritorno delle commissioni bancarie. Il governo ha fatto marcia indietro sulla decisione di annnullare questo odioso prelievo, che portò alle dimissioni dei vertici dell’Abi. Dopo settimane di braccio di ferro tra governo e Parlamento, l’escamotage decisivo è stato un ordine del giorno al decreto, firmato da esponenti di Pd, Pdl e Terzo Polo e approvato ieri, con cui il governo si impegna a «emanare in tempi rapidi» un provvedimento per cui l’azzeramento delle commissioni varrà soltanto per le banche che non si conformano alle regole di trasparenza stabilite da Comitato interministeriale per il Credito e il Risparmio. Inizialmente il decreto prevedeva l’abolizione delle commissioni anche in caso di sforamento del fido. In questo caso la nullità è confermata solo per i casi in cui la commissione superi il tetto massimo dello 0,5 per cento trimestrale.

Resta infine la norma che liberalizza il cosiddetto «ultimo miglio», vale a dire la parte finale della rete telefonica, quella che connette le centraline alle case.

Inizialmente inserita nel decreto semplificazioni, aveva suscitato le proteste di Telecom, che detiene quasi il monopolio dell’ultimo miglio e aveva gridato all’«esproprio», e dell’Authority per le comunicazioni, che si era sentita privata di una propria competenza, al punto che il governo sembrava intenzionato a modificare la norma. E invece no: la norma sulla liberalizzazione è ricomparsa in un nuovo decreto legge.

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