La rissa su Beckham dà la carica al Milan

E su Beckham è una zuffa continua. Nonostante il tempestivo riconoscimento napoletano: la sua statuina inserita al volo tra quelle della bottega d’arte presepiale di Marco Ferrigno. Capita nel calcio italiano dove si discute su tutto: ci si accapiglia per arbitri infedeli e assistenti dotati di scarsa vista, figurarsi per questo sbarco a Milanello, scortato dalla scia della moglie e del suo seguito che tanti mugugni provoca. Le polemiche rimbalzano persino in un circuito radiofonico, a Roma, tra stroncature bibliche. «Vedere quel corteo di limousine a fine partita provoca il volta-stomaco» confessano alcuni tifosi di fede diversa. La zuffa continua dal giorno dell’annuncio dell’arrivo dell’inglese, su soffiata di Fabio Capello, ct d’Inghilterra interessato a recuperarlo allenato e rodato dal torneo tricolore. Moratti, presidente dell’Inter, fece una battuta all’arsenico, Galliani rispose acido e ne venne fuori il solito duello rusticano. Stessa scena domenica notte davanti alle telecamere di “Controcampo” condotto da Alberto Brandi. Giampiero Mughini, icona del tifo bianconero e castigatore dei costumi scollacciati dei presidenti sciuponi, non si è tirato indietro sotto gli occhi di Galliani collegato in diretta da San Siro: «È una baracconata» la sentenza. Arrigo Sacchi, invece, reduce dall’abbraccio in tribuna d’onore con David e il saluto a sua moglie Victoria, ha confermato a modo suo l’approvazione della mossa. «È vero, suggerii io al Milan il nome di Beckham, è un professionista esemplare, l’ho conosciuto di persona a Madrid» la confessione che ha avuto il sapore di una articolata difesa d’ufficio. Resa più credibile però dalla successiva chiosa: «Ma lo feci due anni fa». Come dire: adesso è già troppo tardi.
Gli interrogativi sulla convenienza dell’operazione si consumano e si moltiplicano. Per esempio Riccardo Ferri, ex Inter, è sembrato quasi angosciato dai tormenti di Carlo Ancelotti, costretto a lavorare in condizioni difficili con tanti bei nomi e troppe scelte rigorose da fare prima delle partite. «Come farà a farli giocare tutti insieme, Beckham più gli altri, Kakà, Pirlo, Seedorf, Ronaldinho?» ha chiesto solidale con le pressioni trasferite sulla schiena del tecnico milanista, in vero già allenato alla bisogna come dimostrano i precedenti con Rui Costa e Rivaldo. «Di solito il trasferimento di un calciatore straniero in una realtà complicata come il nostro calcio, rappresenta il primo vero grande problema. Come può Beckham riuscire nell’impresa in soli 2 mesi di tempo?» l’analisi di Azelio Vicini, ct di qualche mondiale fa, ieri mattina a Milano per l’assemblea dei presidenti di A e B.
Controcorrente si è schierato Giovanni Galli, vecchio amico del Milan. «Sarà molto più utile di qualche altra stella che corre molto poco» il suo pronostico favorevole all’inglese che ha un ridotto utilizzo, «solo a centrocampo nei tre ruoli» secondo Ancelotti. E forse c’entra ancora Beckham se il calcio-mercato rossonero di gennaio virerà verso un difensore laterale sinistro invece che un centrocampista. Perciò Marcello Lippi ha indovinato un epilogo diverso: «Vedrete, quando partirà lo rimpiangeranno». Eppure al popolo milanista, l’affare Beckham non piace affatto. Come hanno testimoniato gli striscioni di domenica sera, uno su tutti dal testo didascalico («da top mondo a top model, povero vecchio Milan»). La conferma porta la firma di Marcello Dell’Utri, senatore Pdl, amico personale di Silvio Berlusconi. «Una magnifica operazione mediatica, speriamo faccia qualche gol» detta dall’aula del Senato tra una votazione e l’altra.

Dev’essere per questo che alla fine di un’altra puntata del dibattito, Adriano Galliani, quasi esausto, decide di arrendersi: «Sta qui solo due mesi, se sarà in forma giocherà. Non diamogli più importanza di quella che ha».

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