La rivincita di Tremonti nella battaglia su Bankitalia Ora la legge entro l’anno

Oggi il governo esamina il testo di riforma, che sarà inserito nel ddl sul risparmio. Casini: occorre accelerare sulle nuove regole

Antonio Signorini

da Roma

Nessuna modifica nel merito e nessuno slittamento dei tempi. Se le dimissioni di Antonio Fazio hanno anticipato le speranze del governo, i piani del ministero dell’Economia sulla riforma di Bankitalia non cambiano. I messaggi usciti dal dicastero guidato da Giulio Tremonti a ridosso del comunicato di palazzo Koch hanno subito sgombrato il campo da ogni dubbio: il superministro ha vinto il lungo braccio di ferro con il governatore. Una battaglia che in passato lo ha portato alle dimissioni. Ma le ragioni della riforma non vengono meno. Al Governatore è stato concesso l’onore delle armi e al contempo si sono rafforzate le ragioni di chi chiede che il meccanismo che regola le nomine alla banca centrale cambi radicalmente.
Le rassicurazioni del premier Silvio Berlusconi oltre a quelle di Maria Teresa Armosino hanno confermato l’intenzione di portare al Consiglio dei ministri la riforma di Bankitalia che prevede il mandato a termine e la nomina governativa. Le dimissioni, ha spiegato il sottosegretario all’Economia, «servono ad affrontare con più serenità tutto il quadro, comunque si impone la legge sul risparmio e non cambia certamente l’impegno del governo in tal senso».
Il governo esaminerà il testo al Consiglio dei ministri di oggi, che era stato convocato appositamente. E l’obiettivo è quello di approvarlo subito, perché il passo indietro di Fazio non fa venire meno l’esigenza di trovare il successore in tempi brevissimi. Confermato anche lo strumento: un emendamento al disegno di legge di riforma del risparmio mentre sembra definitivamente tramontata l’ipotesi di un decreto.
L’unico cambiamento reso necessario dalle dimissioni è l’eliminazione di ogni riferimento alla fase transitoria. Nessuna «reggenza» di Fazio, né nomine della futura guida di Bankitalia mentre il vecchio Governatore è ancora in carica. Il «passo in avanti» che Tremonti aveva promesso in caso di una resistenza di Fazio era questo e ora non serve più. La fase tra l’approvazione della riforma e l’entrata in vigore della nuova Banca d’Italia sarà amministrata da Vincenzo Desario e poi, con le nuove norme, si procederà alla nomina del successore.
La scelta di inserire la riforma in un disegno di legge e non in un provvedimento d’urgenza è stata favorita anche dalla disponibilità dell’opposizione a collaborare alla riforma del risparmio oltre che a procedere alla nomina prima delle elezioni politiche. Una volontà confermata ieri dal leader dell’Unione Romano Prodi che ha fatto aperture definite «positive» da Berlusconi. E che a giudizio del presidente della Camera sono necessarie. Pier Ferdinando Casini ieri è intervenuto affinché le parti politiche sciolgano tutti i nodi nei pochi giorni che restano fino all’inizio del 2006. «Rispetto per la scelta del Governatore, ma queste scelte rendono ancora più indispensabile procedere nella direzione indicata dalla riforma del risparmio che deve diventare legge entro la fine dell’anno». Le dimissioni - secondo il presidente di Montecitorio e leader centristra - «non risolvono il problema, ma accentuano l’esigenza di un intervento del legislatore atteso da troppo tempo: servono ora nuove regole e le regole vengono prima del problema delle persone».
Al Consiglio dei ministri di oggi non dovrebbero emergere obiezioni al testo preparato in questi giorni a via XX Settembre. Ma una dichiarazione del vicepremier Gianfranco Fini lascia intendere che per An le riserve non sono ancora tutte sciolte. Il partito, ha spiegato il ministro degli Esteri, concorda con l’invito di Casini ad accelerare il più possibile i tempi di approvazione del ddl risparmio, ma sul cambiamento dei criteri di nomina per i vertici della Banca d’Italia serve cautela: «Una cosa alla volta» è l’appello di Fini.
La riforma di Tremonti prevede un mandato a termine di cinque anni per il governatore, e attribuisce al governo i poteri di nomina e revoca del direttorio, con un parere vincolante da parte del Parlamento a maggioranza qualificata. Viene poi introdotta la «collegialità»: le decisioni, così come succede alla Banca centrale europea e nella gran parte degli istituti centrali del mondo, saranno prese dal direttorio a maggioranza. Il Governatore non sarà più da solo al timone di via Nazionale.
La dimissioni hanno anche riaperto i giochi sul ddl di riforma del risparmio. La Casa delle libertà ieri ha aperto ad alcune delle modifiche proposte dall’Unione.

Al contempo entrambi i relatori al provvedimento, Ettore Romoli (Fi) e Stefano Saglia (An), hanno detto di ritenere opportuno ripristinare alcune parti del testo approvato in prima lettura alla Camera, soprattutto sul falso in bilancio.
L’obiettivo, ha confermato il capogruppo di Forza Italia Elio Vito è iniziare le votazioni oggi pomeriggio «per poterlo mandare al Senato prima possibile e avere la legge entro Natale».

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