Un blitz scattato alle prime luci dell'alba. Otto persone in manette per spaccio di droga ed estorsione. Tra loro c'è anche Gianluca Zuncheddu, 39 anni, di Cisterna di Latina. Il suo nome è indissolubilmente legato ad una delle pagine più nere della cronaca. È il papà di Desirée Mariottini, la sedicenne morta la notte tra il 18 e il 19 novembre in un rudere in via dei Lucani, nel quartiere romano di San Lorenzo.
Un luogo di ritrovo per pusher e tossicodipendenti, dove la ragazza si era avventurata assieme ad un'amica cadendo nella tela di un gruppo di spacciatori senza scrupoli. Mamadou Gara, Yusef Salia, Brian Minteh e Alinno Chima sono i nomi dei quattro pusher che, secondo le tesi dell'accusa, l'avrebbero imbottita di droga e farmaci al solo scopo di abusare di lei. E quando la ragazza è andata in overdose avrebbero impedito ai testimoni di chiamare i soccorsi, lasciandola morire su un vecchio materasso. È un doloroso contrappasso quello che vede protagonista Zuncheddu. La droga gli ha tolto tutto: prima una figlia e adesso la libertà.
E pensare che era stato proprio lui a cercare di allontanare Desirée dalle cattive frequentazioni. Lo aveva allertato la sua ex moglie, Barbara Mariottini, preoccupata per la brutta piega che aveva preso la ragazza. E lui era intervenuto, nonostante il giudice gli avesse imposto il divieto di avvicinamento alla famiglia. Lo aveva fatto a modo suo, seguendo la "legge della strada". Quando l'ha trovata in compagnia di due extracomunitari non è andato per il sottile. Li ha allontani a brutto muso ed a lei ha rifilato un sonoro ceffone. Desirée è una ribelle. Non accetta l'intrusione del padre, e così lo denuncia per maltrattamenti e lui finisce ai domiciliari per aver violato la misura cautelare disposta dal giudice. Il resto è storia.
La storia di Desirée che ha incrociato il suo destino nella "crack house" di via dei Lucani. E quella di suo padre che non è riuscito a proteggere neppure sé stesso. L'uomo era già finito in manette ad ottobre del 2012 nell'ambito dell'operazione "Bassotti", con l'accusa di essere al vertice di un'organizzazione criminale dedita allo spaccio. Nel febbraio 2018 partono nuove indagini. È la richiesta di aiuto di un giovane di Cisterna di Latina, aggredito dai pusher e costretto a pagare un debito di droga contratto da suo cugino a far scattare l'attività investigativa. Zuncheddu finisce di nuovo nei guai. Sarebbe lui il "boss" del presunto gruppo criminale finito al centro dall'operazione "Buffalo". Era lui, secondo le ricostruzioni degli investigatori, a rifornire di cocaina, hashish e marijuana gli spacciatori della zona ed a stipendiarli per le consegne. Sembra che Zuncheddu muovesse i fili delle attività illecite dalla sua abitazione, che era diventata l'epicentro dello spaccio sul territorio.
Assieme al padre di Desirée, sono stati raggiunti dalle ordinanze di custodia cautelare eseguite dai carabinieri della stazione di Latina e del reparto territoriale di Aprilia anche Luca e Antonio Di Noia, Sandro e Simone Amabile, Vincenzo Avagliano, Stefano Speranza e Franco Iacomussi. Nel maggio del 2018, due di loro, Avagliano e Antonio Di Noia, avrebbero esploso quattro colpi di arma da fuoco contro l'auto di un maresciallo nel tentativo di scoraggiare le indagini. E infatti in uno stralcio dell'ordinanza del gip, riportato da Il Corriere della Sera, si parla proprio della "estrema aggressività del gruppo criminale che non si fa scrupolo alcuno di innalzare il livello di scontro con le forze dell'ordine".
Le accuse contestate a vario titolo sono diverse: tentata estorsione, lesioni aggravate, cessione di sostanze stupefacenti aggravata e continuata, porto abusivo di ami da fuoco, danneggiamento aggravato, ricettazione e maltrattamenti in famiglia.
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