Camping rom nell'oasi protetta, decine di accampati in barba a Covid e decoro

Nonostante sgomberi e bonfiche, il parco delle Valli è ostaggio di baracche e discariche. Ponti e cavalcavia sono colonizzati da decine di rom. I residenti: "Nessun rispetto delle regole anti-contagio"

Camping rom nell'oasi protetta, decine di accampati in barba a Covid e decoro

"Mica metto la mascherina quando parlo con la mia famiglia". L’uomo che abbiamo davanti, un rom di origine romena sulla cinquantina, ci guarda di traverso: abbiamo appena interrotto il suo pranzo. Un pasto frugale a base di carne cucinata su un braciere e birra. Non è solo. Insieme a lui ci sono altre quattro persone che si schermano dietro ai cappucci non appena vedono le nostre telecamere.

Siamo in zona Monte Sacro, sotto ad uno dei tanti ponti che scandiscono il corso del fiume Aniene. Teoricamente sarebbe una riserva naturale protetta della Regione Lazio, ma basta sbirciare al di là della vegetazione per rendersi conto che ogni anfratto è ormai terra di conquista. I ripari più gettonati sono ponti e cavalcavia, letteralmente colonizzati da decine di nomadi. Quello dove sorprendiamo la combriccola alle prese con il pranzo dista poche decine di metri da una scuola elementare. "Non ci siamo solo noi, più in là ci sono altre tende", dice l’uomo nella speranza di farci allontanare. "Ma la polizia non vi dice nulla?". "La polizia la conosco, è venuta ieri e non ci ha detto nulla", ribatte.

Risalendo sulla pista ciclabile che costeggia gli argini del fiume ecco comparire un gruppo di donne. Spingono passeggini stracolmi di materiale rovistato. Le seguiamo finché non ci conducono sotto l’ennesimo cavalcavia occupato da una lunga fila di tende canadesi accerchiate da cianfrusaglie e scarti di ogni genere. Secondo Holljwer Paolo, consigliere di Fratelli d’Italia in II Municipio, è qui che avrebbero trovato riparo alcuni dei nomadi sgomberati un paio di mesi fa dal Foro Italico. "Diverse decine di persone che non avevano diritto a entrare nel circuito dell’accoglienza – ci racconta – si sono allontanate prima dell’arrivo delle ruspe del Campidoglio, e questo è il risultato".

Il paradosso è che anche in questa oasi gli sgomberi non sono una novità. L’ultimo risale a circa un anno fa e costò alle casse del Comune di Roma diverse centinaia di migliaia di euro. "È un cane che si morde la coda, ci vuole più controllo del territorio sennò – attacca Paolo – non ne verremo mai a capo". Stefano Erbaggi, dirigente romano di Fratelli d’Italia, non esita a definirlo "un gioco dell’oca". "Si spendono soldi per sgomberi e bonifiche del territorio a che pro? Se questa gente non viene dissuasa a riaccamparsi si riparte sempre dal via e tra poco – dice indicando la discarica che svetta alla sue spalle – dovremo spendere altri soldi".

Il problema è annoso. Soprattutto per chi vive nei paraggi. "Io ho origini libiche – ci dice Silvia, residente sulla sessantina – e non ho assolutamente nulla contro gli stranieri, purché si comportino bene". Non è questo il caso. "Bevono, bivaccano e non rispettano le regole", denuncia. Quello che proprio non le va giù è la totale inosservanza da parte dei nomadi delle disposizioni anti-contagio. Soprattutto adesso che il governo ci chiede nuovi sforzi per scongiurare il peggio.

"Non indossano le mascherine – continua Silvia – e stanno sempre assembrati, nella più totale promiscuità, poi ce li ritroviamo sui mezzi pubblici o sulle panchine della zona".

La sensazione è che vengano usati due pesi e due misure: "Seguono le loro regole, qualcuno sostiene che vadano lasciati fare perché sono una minoranza, ma questo discorso – ragiona la signora – dovrebbe venire meno quando il loro stile di vita mette a repentaglio il prossimo".

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