Ripensandole oggi, le parole usate mesi fa dal ministro della Salute Roberto Speranza non suonano più come una rassicurazione. AstraZeneca, sosteneva Speranza lo scorso giugno, è il vaccino “più promettente”. Adesso però il preparato sviluppato dall’azienda farmaceutica anglo-svedese, quello su cui l’Italia si sta giocando il futuro, è finito nel mirino dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, che lo ha bloccato in via precauzionale.
“Una misura temporanea e cautelativa che durerà fino a giovedì 18 marzo, in attesa delle valutazioni dell’Agenzia europea per i medicinali”, lasciano trapelare fonti di Palazzo Chigi. Tutto è cominciato con il sequestro dei lotti ABV2856 e ABV5811. Alcune delle fiale estratte da quelle partite potrebbero aver avuto un ruolo nel decesso di almeno tre persone. La battuta d’arresto non riguarda solo l’Italia. Germania, Francia, Spagna, Portogallo, Slovenia, Cipro, Lussemburgo, Olanda e Svezia si sono mosse nella stessa direzione.
“Io sono pro vaccino, però ci sono stati dei casi letali, casi di tromboembolia, finché non verrà chiarito se c’è una correlazione tra la somministrazione di AstraZeneca e questi episodi io non mi vaccino”. Dice così il signor Dario, romano classe 1957, facendo riferimento alle morti sospette. Si sarebbe dovuto vaccinare la prossima settimana. Quando ha letto di quei decessi e della loro possibile correlazione con l’immunizzante che di lì a poco gli avrebbero somministrato, però, ha annullato la prenotazione.
“Ho paura di morire di vaccino, non di Covid”, ci spiega. La decisione dell’Aifa l’ha accolta come una conferma dei suoi timori. Non si fida più. “Anche se il siero AstraZeneca dovesse ottenere il via libera dalle varie autorità regolatorie – confessa – i dubbi rimangono”. Intanto dall’Ema continuano ad arrivare rassicurazioni, dicono che “i benefici superano i rischi”, ma ormai il danno è fatto. Dario infatti non è il solo ad aver maturato una profonda diffidenza verso il siero di Oxford. Anzi. Nella Capitale è scattata una vera e propria psicosi.
“Nei giorni scorsi sono venuti in tanti qui, dicendo che erano prenotati per AstraZeneca e che avrebbero voluto cambiare vaccino”, ci dicono all’accoglienza del centro vaccinale dell’Auditorium, nella zona nord di Roma, dove ogni giorno si inoculano 500 dosi, metà delle quali sono richiami. “Qui somministriamo solo Moderna e Pfizer e siamo stati presi d’assalto, tanto che – continua l’addetto all’accettazione – il nostro hub ormai non compare neanche più tra le opzioni sul sito, aspettiamo con ansia le dosi in più”.
Anche il telefono della dottoressa Claudia Felici, medico di famiglia che ci riceve nel suo ambulatorio alla Balduina, dalla scorsa settimana squilla ininterrottamente. “Dopo il ritiro dei due lotti AstraZeneca, i pazienti hanno cominciato a chiamare, sia quelli in attesa di vaccinazione, che si sono affrettati a disdire le prenotazioni, che quelli a cui avevo già somministrato il siero. Erano tutti preoccupatissimi”, racconta. “Il pericolo adesso è che la campagna vaccinale possa arenarsi, come del resto è già successo in passato quando si sono verificati episodi del genere, e questo non deve accadere. Il Covid c’è e il vaccino è l’unica difesa”.
La sensazione del camice bianco è che non basterà il via libera dell’ente regolatorio europeo a farci dimenticare questa brutta storia. Il riferimento è a quanto accadde nel 2014, quando l’Aifa ritirò due lotti di vaccino antinfluenzale dopo le morti sospette di tre anziani. Finì che il farmaco fu assolto, ma accettarono di immunizzarsi solo la metà degli over 65. “Anche in questo caso, recuperare la fiducia dei pazienti non sarà facile. Bisognerà lavorare molto sulla comunicazione istituzionale, una comunicazione che – conclude la dottoressa – dovrà essere chiara, comprensibile”.
È dello stesso avviso anche Cristina Patrizi, medico di medicina generale e tesoriere dell’Ordine dei medici di Roma. “La preoccupazione che la campagna possa subire alterazioni è grande, anche perché a due mesi e mezzo dal suo inizio abbiamo vaccinato solo un decimo della popolazione”, spiega. I dati raccolti sinora ci dicono che, in fatto di vaccinazioni, l’Italia è il fanalino di coda dei Paesi Ue.
“Quello che è successo con AstraZeneca è un incidente di percorso importante – ragiona – però ho fiducia nella scienza e credo che presto saremo in grado di ripartire in sicurezza”. C’è ancora margine per invertire la rotta, ma occorre un cambio di passo.
“Rapidamente avremo i dati scientifici che occorrono per rilanciare la campagna vaccinale. Quando accadrà, dovremo pigiare sull’acceleratore – conclude la Patrizi – e lavorare a testa bassa per risolvere le criticità organizzative, logistiche e di approvvigionamento che ci hanno rallentato”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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