Quasi un milione e mezzo di euro sborsato (a fronte di un prestito di 160mila): a finire nel giro degli strozzini un malcapitato commerciante dell'Appio (settimo Municipio del comune di Roma Capitale), costretto inevitabilmente a chiudere la sua attività. Dopo anni di minacce, vessazioni e ricatti finalmente la fine dell'incubo, con le manette scattate ai polsi della famiglia di usurai che lo taglieggiava.
Secondo quanto riportato dal quotidiano della Capitale Roma Today le indagini che hanno condotto alle misure di custodia cautelare sono nate per puro caso, a seguito di un intervento della polizia intervenuta per sedare quella che, almeno inizialmente, sembrava essere una banale lite scaturita per futili motivi all'interno del negozio della vittima. Gli agenti intervenuti hanno percepito immediatamente lo stato di agitazione del commerciante e il fatto che lo stesso abbia iniziato a minimizzare l'accaduto non ha fatto altro che confermare ulteriormente i loro sospetti. Con delicatezza estrema le forze dell'ordine hanno fatto aprire l'uomo, il quale alla fine ha deciso di vuotare il sacco e raccontare tutta la vicenda fin nei minimi dettagli.
Nel 2018 il negoziante era stato avvicinato da un broker - o presunto tale - il quale lo aveva manipolato al punto da convincerlo a investire 90mila euro in borsa, promettendo un guadagno facile e consistente. Volatilizzati i soldi il truffatore si era ripresentato, chiedendo stavolta i famosi 160mila euro per un nuovo investimento. Soldi che erano stati prontamente forniti da un 37enne romano, conosciuto dal malcapitato appena pochi giorni prima. Da qui l'inizio dell'incubo, col 37enne che si presentava all'improvviso in negozio in compagnia della fidanzata 27enne e della madre: il trio, lamentando difficoltà finanziarie, chiedeva con insistenza via via sempre maggiore la restituzione della cifra (ovviamente comprensiva di tassi salatissimi). Le richieste col passare del tempo si erano fatte sempre più numerose e accompagnate da minacce di pestaggi violenti o di morte. Per evitare che il commerciante si rivolgesse alle forze dell'ordine la famiglia di usurai si era inventata delle molestie sessuali (ovviamente mai avvenute) che avrebbero denunciato al commissariato dell'Appio. Da questo momento è entrata in gioco una quarta persona, non ancora identificata, che si è presentata in qualità di finanziatore del prestito. Anche questo soggetto ha poi contribuito alle pressioni per riottenere il denaro con gli interessi.
La chiusura forzata dell'attività, i risparmi dell'intera famiglia persi e un tentativo di suicidio, poi finalmente la luce in fondo al tunnel: le forze dell'ordine con intercettazioni e accertamenti ( i versamenti del malcapitato venivano indirizzati a conti londinesi o ciprioti che venivano chiusi immediatamente dopo aver ricevuto il denaro o su carte prepagate) hanno raccolto materiale a sufficienza per accusare i tre delinquenti di usura ed estorsione. Per il 37enne si sono spalancate le porte del carcere, mentre la fidanzata e la madre 68enne sono finite ai domiciliari.
Una storia, come tante, troppe altre, specialmente da quando la pandemia da Covid-19 ha iniziato a stravolgere le vite di tutti noi. Non esiste soltanto l'emergenza sanitaria ma anche altre problematiche, tutte strettamente connesse all'emergenza attuale. Secondo un rapporto di Confcommercio, risalente a pochi mesi fa, il fenomeno dell'usura nel nostro Paese ha raggiunto numeri da capogiro, in special modo nelle regioni meridionali del Belpaese (Napoli, Bari e Palermo su tutte). Sempre secondo lo stesso rapporto circa 300mila imprese del commercio non alimentare e dei servizi, se non aiutate concretamente, rischiano di chiudere definitivamente i battenti.
Questo comporta inevitabilmente una percezione nettamente maggiore del rischio di finire in mano agli strozzini, tanto che il numero di imprenditori nostrani che ritiene aumentato il fenomeno dell'usura è più che raddoppiato rispetto al periodo pre-pandemico, passando dal 12,7% al 27%.
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