Ex Penicillina a rischio sgombero: e i migranti occupano un'altra fabbrica abbandonata

In attesa dello sgombero della ex fabbrica della Penicillina i migranti stanno trasferendo le baracche in un'altra fabbrica abbandonata su via Tiburtina. Le donne che lavorano nella zona, intanto, denunciano scippi e aggressioni: "Abbiamo paura"

Ex Penicillina a rischio sgombero: e i migranti occupano un'altra fabbrica abbandonata

Doveva diventare la Silicon Valley romana, con i suoi uffici, le sue fabbriche e i suoi stabilimenti industriali. Poi è arrivata la crisi, la globalizzazione, i licenziamenti e i trasferimenti all’estero, dove la manodopera costa meno. Così gli operai sono tornati a casa e i capannoni abbandonati di via Tiburtina si sono trasformati in rifugi per gli ultimi della società.

È il caso dell’ex fabbrica della Penicillina: una distesa di ruderi pericolanti, occupata da oltre 500 migranti. Una terra di nessuno, mecca di sbandati e tossici che qui sanno di potersi procurare facilmente una dose. È lo spaccio a dar da mangiare a questo esercito di uomini alla deriva, senza un tetto, senza un lavoro, senza una patria che non sia la strada. Ed è lì, per strada, che li vedi con l’andatura incerta, sbandare in preda all’alcol o a chissà quale sostanza che per qualche minuto li trascina via, lontano dai cumuli di immondizia, dai muri sgretolati, dai graffiti e dal freddo. Da quel regno di degrado e violenza in cui aveva trovato riparo Alinno Chima, uno degli stupratori di Desireé Mariottini. Dove risse e regolamenti di conti sono all’ordine del giorno.

Una brutalità che ormai terrorizza l’intero quartiere (guarda il video). “Siamo state costrette a darci alcune regole per la nostra sicurezza”, ci racconta Michela Corsi, sindacalista dell'Ugl Telecomunicazioni che lavora per un’azienda che ha sede a pochi metri dal fortino dello spaccio. La maggior parte delle impiegate, infatti, sono donne e molte di loro sono già state prese di mira. “Quando finiamo il turno non usciamo mai da sole, ma sempre in piccoli gruppi e ognuna di noi ha lo spray al peperoncino nella borsa”, ci spiega mentre attraversiamo via di Tor Cervara. I marciapiedi bui di questa periferia portano i segni dei bivacchi: indumenti abbandonati, bottiglie rotte e cartoni di vino. “Non siamo paranoiche”, ci tiene a giustificarsi. “Semplicemente abbiamo paura”, confessa con un filo di voce. Scippi e aggressioni possono capitare a qualsiasi ora del giorno e della notte. “Personalmente sono stata seguita da un ragazzo di colore mentre andavo verso la macchina – denuncia Virginia – e quando ho sentito la sua mano sulla spalla sono fuggita”. “Lui ha iniziato ad imprecare – continua – ma non so cosa abbia detto, pensavo solo a scappare”.

“Non possiamo aspettare la tragedia perché si prendano provvedimenti”, attacca Michela. “Questi ragazzi fanno uso di droghe pesanti, c’è chi fa i bisogni tranquillamente in strada e – aggiunge – ci sono i transessuali che vengono qui a prostituirsi con i migranti anche in pieno giorno”. “Abbiamo fatto varie segnalazioni – prosegue – ma sono cadute nel vuoto”. Il problema, a detta di chi vive e lavora da queste parti, è che le forze dell’ordine non si vedono quasi mai. E se i controlli sono quasi inesistenti gli accampamenti, invece, si moltiplicano ovunque, in ogni anfratto e dietro ogni pilastro di cemento armato dei tanti edifici abbandonati. “Lo sgombero della ex Penicillina servirà a poco se prima non si trova una soluzione alternativa”. La pensa così Rita, un’altra donna che lavora nella zona. Le baracche, quindi, potrebbero solo cambiare latitudine. Tutti, ormai, nella fabbrica abbandonata si aspettano un nuovo blitz. L’immobile, infatti, è da tempo nella lista delle occupazioni capitoline considerate più a rischio dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza e nei giorni scorsi il Campidoglio ha firmato una nuova ordinanza di sgombero.

Per questo c’è già chi ha deciso di spostarsi, cercando riparo pochi metri più avanti tra gli scheletri dei capannoni delle ex officine Romanazzi di via di Tor Cervara, semi-occupate già da qualche anno. “Da alcune settimane le casupole sono aumentate a vista d’occhio e il via vai di persone e carrelli dalla ex Penicillina è continuo”, assicura Virginia. E rendersene conto con i propri occhi non è difficile. Basta appostarsi pochi minuti davanti al cancello arrugginito e ricoperto dai murales per vedere un ragazzino di colore infilarsi dentro la recinzione e sparire nell’oscurità. Ha con sé una tanica di benzina.

Probabilmente serve ad alimentare il generatore di elettricità che sentiamo ronzare dall’altra parte del muro. L’esodo, insomma, è appena iniziato. E il degrado, in perfetto stile capitolino, è destinato solo a spostarsi in un altro luogo dimenticato.

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