Fontana di Trevi, Avvenire attacca la Raggi: le monetine tolte ai poveri

Per decisione della giunta Raggi, dal primo aprile, la Caritas non gestirà più i soldi che i turisti gettano come segno di buon auspicio sulla Fontana di Trevi

Fontana di Trevi, Avvenire attacca la Raggi: le monetine tolte ai poveri

La Raggi toglie le monetine di Fontana di Trevi alla Caritas. Dal primo aprile, infatti, l'ente benefico della Cei non gestirà più i soldi che i turisti gettano come segno di buon auspicio nell'opera settecentesca costruita da Nicola Salvi.

Un 'bottino' di cui disponeva la Caritas sin dal lontano 2001 quando l'iniziativa partì sotto la consigliatura di Walter Veltroni e che venne confermata anche da Gianni Alemanno. Ma con la Raggi al Campidoglio è stato messo tutto in discussione, già a partire dall'ottobre 2017 e così la Caritas diocesana perderà un milione e mezzo di euro (questa è la cifra che è stata raccolta nel 2018). "Una decisione che porterà a ridurre o chiudere molti servizi per i più poveri. Con prevedibili ripercussioni sul clima sociale della città", si legge sul quotidiano della Cei. Finora è stata l'Acea a raccogliere e insacchettare le monete che, poi, venivano consegnate alla Caritas, alla presenza della polizia municipale di Roma Capitale. Dal canto suo la Caritas, ogni tre mesi, manda al Comune un rendiconto di come vengono usati tali soldi che rappresentano 15% del bilancio annuale. Il resto "per il 70% è costituito da convenzioni pubbliche della Regione o del Comune (mense, ostelli, case famiglia...) e il restante 30% da fondi privati: per la metà dall'8 per mille della Cei, da collette e raccolte", si legge su Avvenire. Ora queste monete andranno ad altri enti benefici ma"dalla somma sarà sottratto il costo delle operazioni di conteggio e separazione delle molte migliaia di monete, finora fatto gratuitamente dai volontari Caritas, e dal 1° aprile a pagamento dagli addetti dell'Acea". Ma un'altra parte servirà per la manutenzione del patrimonio culturale capitolino. Per la Caritas questo rappresenta un problema perché, attualmente, deve affrontare delle spese "non possono essere gestite attraverso progetti messi a bando" come, per esempio, il pagamento delle bollette alle famiglie bisognose.

"L'esperienza insegna che nel privato sociale la quasi totalità delle risorse viene spesa per lo scopo cui sono destinate, in questo caso l'aiuto ai poveri. Quando lo fa la mano pubblica, spesso le proporzioni si invertono. E una buona parte dei fondi si perde nei rivoli della burocrazia. Invece che arrivare ai poveri", conclude Avvenire.

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