Liquami nelle fogne romane, imprenditore a processo

Sei persone sono state arrestate per la truffa da oltre 3 milioni di euro ai danni di Roma Capitale

Liquami nelle fogne romane, imprenditore a processo

Una truffa da oltre 3 milioni di euro e 80mila tonnellate di liquami è costata l’arresto a sei persone. A tanto ammonta la quantità di liquami dei campi nomadi di Castel Romano e La Barbuta e altre mille di un impianto Acea che le ditte incaricate di smaltirle hanno invece sversato in modo illegale nelle fogne o in terreni non adatti. Come riportato dall'edizione romana del quotidiano Corriere della sera, la truffa ai danni di Roma Capitale e della stessa Acea ha portato al processo immediato a carico di sei persone fermate a metà dicembre in una inchiesta per associazione a delinquere del pubblico ministero della Dda Alberto Galanti. Nella inchiesta ci sono 23 indagati a vario titolo per traffico di rifiuti, reati contro l'ambiente, auto riciclaggio e intestazione fittizia di beni. Dopo aver vinto l’appalto, questi soggetti esultavano al telefono al grido di: “Roma Capitale è nostra!”.

Una truffa de 3 milioni di euro

Al centro della truffa c’è Giuseppe Borrelli, 52 anni, di origini cosentine ma domiciliato ad Ariccia con le sue srl Ecoter e Moter. Sarebbe lui, secondo il gip Andrea Fanelli, la mente che organizza, dirige l'associazione, presiede alle operazioni di smaltimento illegale nei pozzetti e gestisce le aziende attraverso prestanome. Dalle indagini è emerso che, dei 3.057 prelievi dichiarati in due anni dalle fosse settiche dei campi rom, sono solo 130 quelli che hanno seguito un percorso regolare di smaltimento. Per quanto riguarda invece gli altri 2.027 casi, i formulari sono risultati contraffatti e in ben 512 occasioni le videocamere hanno ripreso lo sversamento 'in maniera criminale' nel sistema fognario di Roma o in terreni ad Ariccia e Pomezia, senza impermeabilizzazione o trattamento dei rifiuti. Nel curriculum di Borrelli ci sono due interdittive antimafia, 2009 e 2016, per i suoi legami con la 'ndrangheta in Calabria, il ricorso a prestanome per rilevare società che riversavano in difficoltà ma che erano già attive nel campo dello smaltimento dei rifiuti e il mandato a Vincenzo Lucchetti, suo braccio destro, per mantenere i rapporti con la pubblica amministrazione.

Dove finivano i liquami

Le società coinvolte avevano come clienti anche Ater per altri 1,6 milioni e Trenitalia. La denuncia è stata presentata dai responsabili di Acea Ambiente, che erano rimasti insospettiti dalle procedure di recupero e trattamento dei rifiuti speciali dell'impianto di Aprilia. Gli agenti della squadra mobile di Latina hanno infatti scoperto che la Moter, che si era aggiudicata nel 2018 un lotto da 252mila euro, falsificava i timbri sui formulari di identificazione dei rifiuti per attestare la regolarità del ciclo di smaltimento. E alla domanda di uno degli addetti,“Ma poi per svuotare dove svuotiamo?”, il responsabile rispondeva tranquillamente: “Al cantiere”.

Era poi lo stesso Borrelli a dare la notizia della vittoria dell'appalto più importante: “Roma capitale l'abbiamo vinta!”. Subito ecco arrivare l’appoggio del complice che si complimentava con l’imprenditore per il colpo fatto. Vittoria che non sarebbe stata però una passeggiata, con Lucchetti che avvisa:“Abbiamo fatto il sopralluogo sui due campi rom. Peppì guarda, è una cosa impressionante, sembra Beirut... ci vuole una cisterna perché 60 tonnellate al giorno dobbiamo fare”. Una volta risolto il problema ecco svelata la truffa da 2,9 milioni di euro.

Borrelli si chiedeva se nessuno andasse a controllare, ma subito Lucchetti lo rassicurava asserendo che potevano fare come volevano e che loro fatturano in base ai formulari. In poche parole, più formulari venivano mandati e più fattureazione c'era.

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