Picchiato dai "rossi" a La Sapienza: "Sono un miracolato, ho chiuso con la politica"

Tra i corridoi dell'università romana è comparso anche un manifesto che mette nel mirino Meloni, Salvini e Berlusconi. Uno studente pestato a sangue racconta: "Si sentono padroni perché godono di protezione politica"

Picchiato dai "rossi" a La Sapienza: "Sono un miracolato, ho chiuso con la politica"

Lo chiameremo Luca, perché di rivelarsi non se la sente proprio. "Lo faccio per tutelarmi, a maggior ragione dopo gli scontri di ieri", ci dice. Quello che possiamo raccontare di lui è che ha 24 anni e frequenta la facoltà di Lettere e Filosofia de La Sapienza. Lì è stato pestato a sangue a maggio del 2019. Pestato a sangue per una toppa sullo zaino. È terribile e dimostra come nel primo ateneo della Capitale le logiche anni Settanta godano ancora di ottima salute. L’intolleranza politica non è un caso isolato o, come vorrebbe farci credere qualcuno, una storia raccontata male di poveri ragazzi ingiustamente manganellati dalle forze dell’ordine.

Luca con la sua fronte tumefatta, la mandibola indolenzita e quel trauma cranico costato una settimana di prognosi lo dimostra. È successo tutto nel giro di pochissimi attimi, lungo il percorso di sempre, quello che dalla facoltà porta alla mensa. È stato aggredito e strattonato, atterrato con un pugno e preso a calci. Si copriva la testa con le mani. Contro di lui almeno due persone. Il linciaggio si interrompe solo quando gli aggressori riescono a strappargli la colpa di dosso. La sua "colpa" è una toppa degli ZetaZeroAlfa, band di musica alternativa vicina a CasaPound. A terra però sono rimaste delle tracce che raccontano l’appartenenza degli autori di quel gesto orribile e fuori dal tempo: dei volantini firmati dal collettivo universitario "Offensiva rivoluzionaria", uno dei tanti collettivi rossi de La Sapienza. A suo tempo la notizia era circolata sui giornali, anche noi ce ne eravamo occupati.

Quando decidiamo di ricontattarlo non sappiamo neppure se il numero è ancora lo stesso, non sappiamo se ha voglia di parlare né se frequenta ancora la stessa università. Anzi, siamo quasi certi che dopo quell’episodio se ne sia andato altrove. E invece ci sorprende: "Sono rimasto, per me stesso e perché non volevo dargliela vinta". Però sono cambiate tante cose: "Sicuramente da quel giorno sono più prudente". Niente toppe, magliette, simboli che in qualche modo rivelino le sue simpatie politiche, ammesso che ne abbia ancora. Glielo domandiamo: "Per carità con la politica ho chiuso, non che non abbia una idea mia, ma cerco di stare il più possibile lontano da eventi, manifestazioni, convegni e iniziative politiche, soprattutto quelle che si tengono all’università", ci spiega. E questa è a tutti gli effetti una sconfitta. Non sua, ma del sistema universitario, delle istituzioni e della democrazia.

"Mi succede spesso di ripensare al pestaggio, frequentando gli stessi luoghi, gli stessi ambienti è normale", racconta. Nulla è cambiato da allora? "No, il clima è rimasto lo stesso, se non addirittura peggiorato, e quello che è successo ieri lo dimostra: i collettivi credono di avere il monopolio politico dell’università e chiunque non si allinea ai loro temi deve essere silenziato". Sul perché di tanta sfacciataggine, Luca risponde di getto: "Il problema è che la sinistra violenta viene legittimata da esponenti politici importanti, questi ambienti andrebbero emarginati e non coccolati e protetti. Non mi sembra di aver sentito nessuno a sinistra condannare i collettivi che volevano impedire a Capezzone e Roscani, non al Ku Klux Klan, di entrare in facoltà". La questione è seria e non riguarda più solo gli studenti di destra: "Nel mirino ci sono tutti quelli che la pensano diversamente, un mio amico che si è candidato alle elezioni studentesche con una sigla cattolica e moderata si è ritrovato i manifesti imbrattati e appesi a testa in giù".

È pane quotidiano e i vertici universitari non sembrano preoccuparsene più di tanto. "Poi quando succede qualcosa di grosso, come ieri, magari diffondono un comunicato pilatesco, che non coglie i fatti nella loro essenza e indulge su colpe e responsabilità", racconta Luca a proposito di quello diffuso dalla rettrice de La Sapienza, Antonella Polimeni. La verità è che nei corridoi di alcune facoltà, specialmente le più politicizzate, come Lettere e Scienze politiche, vengono tollerati manifesti che sono pura istigazione all’odio. Ce n’è uno, ad esempio, con le facce di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi ("sembrano foto segnaletiche", specifica lo studente) che vengono schiacciate dai pugni chiusi dei comunisti. "C’è scritto che vogliono combattere la destra. È una retorica violenta, a differenza della destra universitaria loro non si sono mai evoluti nei toni e nel linguaggio. Percepiscono l’avversario come nemico, e lo scontro delle idee sul piano fisico".

Luca è preoccupato, non tanto per sé, lui ormai i guai li fiuta a chilometri di distanza: "Io mi sento un

miracolato, lo dico senza mezzi termini. Però con questo clima avvelenato c’è il rischio che una cosa del genere si possa ripetere, magari ai danni di una matricola o di qualcuno ingenuo come lo ero io tre anni fa".

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