Sette i medici del Gemelli di Roma che rischiano il processo per la morte di una bambina. La piccola è morta cinque anni fa a causa di una Pess, una panencefalite subacuta sclerosante, ossia una rara forma di encefalite provocata dal virus del morbillo. Come riportato da Corriere, per il suo decesso la procura ha richiesto il rinvio a giudizio per omicidio colposo, di sette camici bianchi dell’ospedale Gemelli di Roma. Secondo l’accusa infatti i medici in questione erano a conoscenza del fatto che la piccola paziente non era stata vaccinata. Nonostante questo non avevano eseguito immediatamente gli esami necessari per individuare il virus del morbillo.
Giulia non era stata vaccinata
Giulia Saraceni, quattro anni, era figlia di due medici. Il nonno paterno, Vincenzo Saraceni, è un medico molto conosciuto, ordinario di Medicina alla Sapienza, che tra il 2000 e il 2005 è stato per due volte assessore regionale. Secondo quanto ricostruito, nel 2010, quando Giulia aveva sei mesi, aveva fatto l’esavalente, ossia il vaccino unico che solitamente si fa entro il primo anno di vita e che protegge da difterite, tetano, pertosse acellulare, poliomielite, epatite B ed haemophilus influenzae di tipo B. Al secondo richiamo erano emerse delle complicazioni e la bimba aveva avuto la febbre per tre mesi. A quel punto i genitori di Giulia avevano preso la decisione di non vaccinarla. Nell’autunno del 2014 però la bambina si è ammalata e il 18 ottobre è stata ricoverata all’ospedale Gemelli di Roma.
La piccola è morta al Gemelli di Roma
I medici che l’hanno avuta in cura, difesi dall’avvocato Gaetano Scalise, non avrebbero fatto gli esami necessari per cercare il virus del morbillo. I test sarebbero stati eseguiti solo il 3 gennaio. Il 7 marzo del 2015 Giulia è morta. Il pubblico ministero Attilio Pisani ha chiesto per tre volte l’archiviazione del caso. Secondo i suoi consulenti infatti il morbillo si era manifestato in modo atipico e il suo decorso era stato silente. Inoltre “anche l’eventuale precoce diagnosi non avrebbe consentito di evitare l’evento”.
Il giudice per le indagini preliminari ha però sempre respinto l’archiviazione.
L’ultima volta il giudice ha imposto al pubblico ministero l’imputazione coatta, e quindi di formulare una imputazione entro dieci giorni. Per il giudice è necessario chiarire se esami tempestivi di ricerca del virus avrebbero potuto salvare la vita alla piccola paziente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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