Magazzini invasi dall’immondizia e dehor con annesse pattumiere a cielo aperto: a Roma l’emergenza rifiuti mette in ginocchio anche i commercianti.
Per negozianti, baristi e ristoratori tirare su la serranda ormai vuol dire combattere anche con i problemi della raccolta differenziata porta a porta. Qualche settimana fa erano state Le Iene a denunciare la "truffa del badge" di decine di dipendenti della Multiservizi, la società che per conto di Ama si occupa di ritirare la spazzatura nelle utenze non domestiche. Le telecamere di Mediaset avevano pizzicato i "furbetti" che passavano appositamente davanti alle attività commerciali in orario di chiusura per timbrare il cartellino senza ritirare l’immondizia.
Ora a mettere nero su bianco i numeri del disastro è un dossier di Fratelli d’Italia, che tramite un accesso agli atti ha scoperto che soltanto nei primi nove mesi del 2019 i reclami inoltrati dagli esercenti della Capitale alla municipalizzata dei rifiuti sono stati più di 55mila. Non solo. Gli accertamenti hanno dimostrato come la maggior parte delle segnalazioni fossero fondate, tanto che l’azienda avrebbe già sanzionato le aziende appaltatrici per oltre un milione di euro. "I reclami più frequenti riguardano i contenitori pieni o danneggiati – spiega Roberta Angelilli, membro del direttivo del partito, che ha promosso l’iniziativa – le difficoltà non sono solo per i commercianti ma anche per i cittadini che si ritrovano i marciapiedi ridotti a discariche".
Il municipio da cui è partito il maggior numero di reclami è il centro storico, dove alcuni commercianti hanno addirittura scelto per protesta di non esporre più il proprio codice a barre per mettere i bastoni fra le ruote ai netturbini che passano il badge senza ritirare i rifiuti. "Così almeno non li fregano più", spiega Riccardo Taliani, che ha un bar ristorante a via Genova. Siamo nel cuore di Roma, a pochi passi da via Nazionale. "A volte non passano a ritirare i rifiuti anche per due o tre giorni di seguito, e quindi siamo costretti a tenerci la spazzatura dentro ai locali o ad accatastarli in strada", dice mostrandoci un magazzino zeppo di sacchi neri. Vetro, plastica, cartone, organico: l’immondizia viene divisa in modo certosino e sistemata ordinatamente in attesa che gli addetti facciano il proprio lavoro.
"Il problema è che se un operatore si ammala o va in ferie non c’è il sostituto – continua Taliani – non si vede nessuno per giorni e finisce che bisogna pagare una persona che si carica la spazzatura in macchina e va a buttarla nei cassonetti". La situazione, secondo tutti, è precipitata nel giro di due anni. "L’estate ci siamo ritrovati con i magazzini invasi dai rifiuti che si accumulavano per giorni, i disservizi sono continui", ci conferma anche la proprietaria di una pizzeria. Giorgio, che è titolare di una tavola calda, ci mostra una pila di cartoni che da due giorni è in bella mostra davanti alla porta della sua attività. "A volte ci dicono che ripassano e poi non si vedono più, non abbiamo nessuna certezza", si lamenta.
E oltre al danno c’è pure la beffa. "Quest’estate – racconta – sono stato multato dai vigili perché c’era la spazzatura in mezzo alla strada, insomma, a rimetterci, in un modo o nell’altro siamo sempre noi". "Mi hanno costretto a levare la pedana che mi consentiva di mettere i tavolini anche all’esterno per una questione di decoro urbano, il risultato è che ho dovuto licenziare dodici persone e mi ritrovo il locale puntualmente sommerso dall’immondizia", attacca Taliani. "E questo lo chiamano decoro?", si domanda mentre ci mostra anche lui il verbale emesso dalla Polizia Locale nei suoi confronti.
Stessa situazione anche a via Veneto, la strada simbolo della Dolce Vita. La raccolta va avanti a singhiozzo, creando problemi al commercio della zona. "Siamo totalmente abbandonati, a volte prima che vengano a ritirare l’umido passano giorni e giorni", commenta un barista di via Lombardia. Qualche metro più avanti i dipendenti di una pizzeria ammassano cartoni e sacchetti accanto all’ingresso. "Tenerci i rifiuti all’interno dei locali per noi significa rischiare di incorrere in sanzioni da parte dei vigili o della Asl che potrebbe addirittura costringerci a chiudere", spiega Francesco Lepore, proprietario dell’Harry’s Bar.
Tutto questo a fronte del pagamento della tassa sui rifiuti più cara d’Italia. “Noi ad esempio – fa notare – paghiamo dai 25 ai 30 mila euro l’anno per la Tari”. Dal centro alla periferia i commercianti sono furibondi. E ora il Comune potrebbe ritrovarsi a dover far fronte anche a migliaia di richieste di rimborso della tassa sui rifiuti, previsto in misura dell’80 per cento nell’eventualità di gravi disservizi.
“La Raggi si impegni a farlo”, tuona la Angelilli.Ma il problema non è soltanto economico. “La città è diventata sporca e trascurata, siamo invasi dall’immondizia e dagli animali, è indecoroso”, denuncia il proprietario dello storico bar.
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