Se il latte di Roma torna ad essere del sindaco

Respinto in appello il ricorso sulla privatizzazione del 1999 presentato da Lactalis. Parmalat dovrà restituire al Campidoglio il 75% di quote

Se il latte di Roma torna ad essere del sindaco

Il latte di Roma tornerà presto a essere il latte del sindaco. È stato infatti respinto in appello il ricorso di Lactalis, il gruppo francese che controlla Parmalat, riguardante la privatizzazione del 1999. I giudici hanno rigettato la posizione di Parmalat spa, secondo la quale le azioni erano state acquistate in buona fede. L’azienda dovrà quindi restituire al Campidoglio la sua quota di maggioranza di Centrale del latte di Roma, che è pari al 75%. Questa la decisione della prima sezione civile della Corte d'Appello di Roma dopo 23 anni di battaglia legale. Come riportato da il Messaggero, la società dovrà ridare la sua quota a Gualtieri e anche i dividendi.

Cosa era successo

Nel 1996 l’allora giunta comunale capitolina aveva deliberato di privatizzare l'Azienda Comunale Centrale del Latte ed era stato pubblicato un avviso per la manifestazione d'interesse che vincolava l'eventuale acquirente a non cedere le azioni entro i successivi cinque anni. Sono cinque le aziende che avevano risposto, tra le quali Ariete Fattoria Latte Sano spa, Cirio spa e Parmalat spa. Cirio l'aveva spuntata e aveva acquistato il 75% della partecipazione azionaria nella neo costituita Centrale del Latte spa per 80 miliardi di vecchie lire.

Nel momento in cui la Cirio di Sergio Cragnotti conferisce quella partecipazione nella Eurolat spa, che viene poi venduta nel febbraio del 1999 alla società Dalmata Due, controllata dalla Parmalat di Callisto Tanzi, inizia la battaglia in tribunale, perché il vincolo posto dal Campidoglio era stato violato. Nel luglio del 1999 il Comune di Roma cerca di risolvere la questione stipulando un atto transattivo assieme a Cirio, Eurolat e Parmalat, senza riuscirci. L’anno seguente una delle società escluse dalla gara e dall’atto transattivo, la Ariete Fattorie Latte Sano, come si legge nella sentenza pubblicata lo scorso 13 aprile: “Dopo aver inutilmente diffidato Roma Capitale ad attivarsi in autotutela per sanare effettivamente la violazione del divieto di vendita infra quinquennale della partecipazione adiva il giudice amministrativo”.

La decisione dei giudici

Il 27 luglio del 2007 il Tar del Lazio ha poi stabilito sia la nullità della gara del 1998 che della transazione successiva del 1999, accogliendo in questo modo il ricorso di Ariete Fattorie Latte Sano. La sentenza è stata poi confermata anche in appello dal Consiglio di Stato. Sempre il Consiglio di Stato nel 2012, sulla scorta di un giudizio di ottemperanza proposto dalla società esclusa sulle precedenti sentenze emesse dai giudici amministrativi, ha ribadito a Parmalat di restituire al Comune il suo 75% di azioni. A quel punto, per cercare di fermare gli effetti delle sentenze amministrative, arriva il ricorso civile. La sentenza di primo grado arriva il 18 aprile 2013, quando secondo il Tribunale di Roma la sottoscrizione da parte di Parmalat dell'atto transattivo risulta in contrasto con il principio della buona fede del terzo acquirente e di conseguenza l'unico proprietario del 75% del capitale sociale di Centrale del Latte spa è il Comune. Parmalat viene quindi condannata alla restituzione immediata delle azioni.

Il ricorso che presenta la società viene rigettato dalla prima sezione civile della Corte d'appello lo scorso 13 aprile e viene confermata la restituzione delle quote a Roma Capitale. L'azienda viene anche condannata a restituire tutti i dividendi distribuiti dal 2005 al 2012. Sembra che Parmalat voglia ora presentare ricorso alla Corte di Cassazione.

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