Non c’è più nessuno nell’ex Penicillina. L’ex stabilimento farmaceutico di via Tiburtina, dismesso negli anni Novanta e occupato nei primi Duemila, adesso, è una scatola vuota.
Le operazioni di sgombero sono iniziate alle otto di questa mattina e, come rende noto la questura, si sono svolte senza “nessuna criticità” (guarda il video). Anche perché quando gli “inquilini” – circa 600 e quasi tutti migranti – hanno capito che l’arrivo delle forze dell’ordine era imminente hanno fatto le valige. Tra loro si nascondeva anche Alinno Chima, uno dei pusher africani coinvolti nello stupro di Desireé Mariottini. La diaspora degli “invisibili” è iniziata il 28 novembre scorso, con la firma dell’ordinanza di sgombero da parte della Raggi. Tanto che, già dal giorno successivo, il censimento effettuato dal Comune di Roma aveva rivelato che all’interno dell’ex complesso industriale c’erano appena 160 persone. Un numero che è continuato a calare di ora in ora. Ed è proprio uno dei “rimasti” a confermarci che oggi “nella fabbrica c’erano una cinquantina di persone” e che la maggior parte dei migranti “è andata via nei giorni scorsi”. Alcuni di loro, come ha scoperto Il Giornale, si sono rifugiati a poche centinaia di metri dallo stabilimento, nelle ex officine Romanazzi in via di Tor Cervara. Ma i ripari di fortuna, in un quadrante come quello del Tiburtino, dove l’80 per cento delle fabbriche è abbandonato e incustodito, non mancano. Qualcuno, invece, è stato preso in carico dal Comune di Roma. Come ci spiega la minisindaca grillina del IV Municipio, Roberta Della Casa, “le persone in condizione di fragilità inserite nei percorsi di assistenza sono 35”.
Ecco perché, le operazioni di oggi, sono state accolte con scetticismo da residenti e comitati di quartiere. Fabrizio Montanini, del comitato Beltramelli-Meda-Portonaccio, parla addirittura di “una cosa indegna” perché “quasi tutti gli occupanti hanno abbandonato la struttura e si sono sparpagliati nella zona”. La domanda che si pongono quasi tutti allora è: “Dove sono gli altri?”. E ci si chiede anche quali saranno i destini dell’immobile. La roadmap del Campidoglio, prosegue Della Casa, è la seguente: “È stata fatta una prima rimozione dei rifiuti all’interno della struttura e messa una recinzione per interdire l’accesso, inoltre, grazie all’ordinanza della sindaca, la proprietà (I.S.F. Industria Farmaceutica Srl, ndr) dovrà occuparsi di metterla in sicurezza”. E qualora quest’ultima non dovesse adempiere ai suoi obblighi, assicura, “se ne farà carico l’amministrazione”. Una versione, quella della pentastellata, che non convince Carlo De Felici del Comitato di quartiere Pratolungo. “L’ex Penicillina – premette – è piena di veleni, di acido fosforico e agenti chimici utilizzati per la trasformazione delle materie prime ma anche di amianto in stato polverso”. Insomma, si tratta di una struttura che andrebbe “bonificata e abbattuta con la massima urgenza”. Ma i proprietari, aggiunge, “non hanno i soldi per fare tutto ciò”. Quindi la palla passerebbe automaticamente nel campo del Campidoglio e il pericolo, conclude De Felici, è che “noi continueremo a respirare i veleni che sprigiona la fabbrica ancora per anni”.
Sul posto, intorno alle dieci, è arrivato anche il ministro dell’Interno Matteo Salvini per un sopralluogo. Ad accoglierlo al grido di “sciacallo, sciacallo”, come di consueto, c’era una folla di comitati di lotta per la casa e antagonisti che ha rivendicato “casa e reddito per tutti”. Qualche ora prima, sul suo profilo Facebook, il vicepremier si era detto “orgoglioso di questo intervento di legalità, pulizia e sicurezza atteso da anni”.
Ed aveva anche specificato che gli stranieri rintracciati nello stabilimento si trovavano in questura per gli accertamenti di rito e “in caso di irregolarità saranno espulsi”. Per quanto riguarda il rischio di nuove occupazioni e l’esodo dei migranti, invece, sono arrivate delle rassicurazioni: “Gli altri sono e saranno individuati, seguiti e identificati ovunque si trovino”.
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