Una tabaccheria di Ostia si è vista assegnare 15mila euro di risarcimento a seguito di alcune minacce da parte del clan Spada. Questa è infatti una delle misure che sono state decise dal prefetto Marcello Cardona che ha presieduto il Comitato per la solidarietà alle vittime di mafia e di reati violenti e che dal 30 dicembre 2020 è Commissario per il coordinamento delle iniziative delle solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati intenzionali violenti.
Le minacce e il risarcimento
Come ricordato da Il Messaggero i fatti in questione risalgono al 2014, anno in cui il gestore della ricevitoria Snai di Ostia venne preso di mira dalla tristemente famosa associazione per delinquere di tipo mafioso, appunto il clan degli Spada di Ostia. L’uomo si recò quindi al Commissariato di Lido Roma per denunciare quanto avvenuto. Dietro chiare minacce il poveretto era stato costretto a dare 2mila euro al clan, solo come primo acconto di una richiesta complessiva pari alla somma di 275mila euro. A quel punto partirono le indagini che portarono ad accusare di estorsione, con l'aggravante del metodo mafioso, Carmine Spada, considerato al vertice dell'omonimo clan di Ostia, ed Emilio Belletti, il suo diretto collaboratore.
Secondo quanto emerso la coppia, dietro minacce, costrinse il gestore della tabaccheria a farsi consegnare un acconto di 2mila euro, in quanto accusavano l’uomo di non aver giocato una schedina vincente da 25mila euro. L’avvocato Giulio Vasaturo, che assisteva il commerciante ed è legale dell'associazione Libera, parte civile nel processo insieme alla Regione, al Comune e dell'associazione Caponneto, ha detto al processo che “la testimonianza in aula del tabaccaio ha scalfito il muro di omertà su cui si sono consolidate negli anni le mafie a Ostia”. Anche Roma Capitale, assistita dall’avvocato Enrico Maggiore, si era costituita parte civile e aveva chiesto un risarcimento danni di 100mila euro per danno funzionale e di personalità proprio dell'Ente comunale, oltre ad altri 250mila euro per danno all'immagine.
I precedenti
Una donna, il cui marito venne ucciso nel 1993 in provincia di Messina, ricevette la somma di 40mila euro dall'Ufficio del Commissario per le iniziative in favore delle vittime di mafia e di reati violenti. Dalle indagini condotte dai Carabinieri era infatti emerso che l'uomo venne ucciso per errore dal clan dei Barcellonesi. La vittima era stata ritenuta responsabile, ma era uno sbaglio, di un furto ai danni di un commerciante che pagava il pizzo all'associazione e che, proprio per questo motivo, aveva diritto a essere protetto dal clan. Al gestore di campi di calcetto che fu vittima di una tentata estorsione avvenuta tra il 2015 e il 2016, in provincia di Caserta, andarono invece 5mila euro.
Anche in questo caso la vittima si era recata dai carabinieri per denunciare il fatto e le intimidazioni provenienti dal clan dei Casalesi, che chiedevano all’uomo mille euro come contributo per i familiari dei carcerati.Segui già la pagina di Roma de ilGiornale.it?
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