Rosmarie Trockel casalinga con ironia

Forme e immagini al femminile (ma non femministe) che ricreano una paradossale realtà domestica

Da quasi trent'anni Rosmarie Trockel racconta un’arte contemporanea al femminile, diversa dal femminismo militante, senza valenze ideologiche, con uno sguardo antropologico e scientifico, denso di legami col passato prossimo dell’arte. Così le sale del Maxxi di Roma, fino al 27 agosto, accolgono lane e fornelli, o meglio arazzi e opere astratte, parte integrante del lavoro della cinquantenne artista tedesca. Il suo segno è così riconoscibile che la Trockel per questa sua grande personale italiana non ha voluto un allestimento classico e didascalico, ha preferito mischiare le carte. Il risultato è una mostra in cui i pezzi storici sono presentati accanto ai più recenti, in un grande patchwork che ha molto a che vedere con i suoi singoli lavori.
L’artista parte sì dalla realtà femminile e domestica, ma se ne allontana con forza e causticità. I primi lavori sono arazzi realizzati con le classiche macchine per la maglia da casa, ma presto le dimensioni si ampliano, e vengono realizzati su grandi macchine industriali. I marchi riconoscibilissimi di “pura lana vergine” sono tessuti con solo filato acrilico, tutti i pattern più classici, dai coniglietti di Playboy alle macchie di Rorschach, vengono rivisitati, non al modo di Boetti, privilegiando l’artigianato, ma con modalità high tech. L’arazzo viene lasciato in balia delle tarme, ed ecco comparire dei perfetti Fontana. Anche le piastre elettriche per cucinare, trademark del suo lavoro, da oggetto casalingo si trasformano in grandi lavori astratti, citazioni ironiche e sdrammatizzanti.
Il titolo della mostra non poteva essere più femminile: «Post-Menopause». «Non guarda al passato - dice la Trockel - ma al passare del tempo, è l’indicazione che il punto di vista della vita è radicalmente importante, ed è anche segno di un diverso ciclo di fertilità». Donna schiva e riservata, Rosmarie Trockel, che proviene da studi matematici e teologici, è fedele, almeno nell’arte. La sua gallerista da trent’anni, Monica Sprüth, è ritratta sia con un sigaro in bocca in un omaggio a Dokoupil, sia in un lavoro nella Wunderkammer, dove in bacheca sono raccolte opere diverse, da calchi di oggetti domestici dall’anatomia deformata ad un salvagente ricoperto a maglia, mentre nei libri esposti sono frequenti le citazioni di altri artisti che hanno fatto parte della vita della Trockel nella feconda Germania artistica degli anni ’80. Due grandi installazioni completano la mostra, una volta di più ironiche e casalinghe, un manichino che esausto pulisce e ripulisce lo stesso pezzo, e un grande pannello mobile, metallo e lana, dal titolo Il fantasma della libertà.

Paolo Colombo, curatore del Maxxi, dichiara: «Mi piacerebbe fare una mostra di Rosemarie Trockel in ogni museo in cui lavoro, è straordinaria la sua capacità di semplificare, in rapporto al contesto e alla vita, un discorso artistico di alto livello, comunicandolo con mezzi semplici; usa l’arte per riancorare tutti gli elementi, ricreando il mondo giusto, riportando a casa tutti i fili».

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