Dal rubinetto esce il veleno Ventisei indagati in Calabria

Sequestrato l’acquedotto. Tra le persone sotto accusa il neo sindaco di Catanzaro, dirigenti regionali e funzionari di Aziende sanitarie

Vibo Valentia - Colore marroncino, sapore disgustoso, profumo di marcio. Ecco cosa sgorgava dai rubinetti della case servite dall’invaso artificiale «Alaco», al confine tra Catanzaro e Vibo Valentia. Acqua nemmeno buona per farsi la doccia, ma che risultava potabile.
Da tempo gli abitanti avevano denunciato l’anomalia quando usavano l’acqua di casa. Avevano ragione. Ciò che bevevano o usavano per lavarsi o cucinare tra Vibo Valentia e Catanzaro non era potabile. Per questo motivo i carabinieri del Nas di Catanzaro hanno sequestrato l’invaso artificiale dell’acquedotto «Alaco», e il relativo impianto di potabilizzazione, nonché 57 apparati idrici tra serbatoi, sorgenti, pozzi, e partitori, tutti facenti parte dello schema dell'acquedotto, dislocati sul territorio delle due province. Nell’ordinanza di sequestro si parla di «gravi carenze igienico sanitarie».

L’indagine denominata «Acqua sporca» dei carabinieri del Nas di Catanzaro e dagli uomini del Corpo forestale di Vibo Valentia è partita nel 2010. A quel periodo risalgono numerose segnalazioni ed esposti da parte di cittadini che evidenziavano il colore, il sapore e l’odore dell’acqua potabile che dall'invaso artificiale dell’Alaco finiva nella rete idrica pubblica. Da qui i controlli da parte delle forze dell’ordine. Nel corso delle indagini il personale della Forestale ha effettuato, all’interno del bacino della diga dell’Alaco, numerosi prelievi e campionature grazie a una sonda multiparametrica, allo scopo di verificare il livello di inquinamento delle acque e la loro potabilità. L’impianto fornisce l’acqua potabile alla gran parte dei comuni della provincia di Vibo Valentia e ad altri del basso Jonio soveratese, in provincia di Catanzaro.
Durante le indagini è emersa anche una notevole confusione sulle competenze che spettano ai singoli enti circa la depurazione, i controlli e la distribuzione delle acque. «Si è trattato di un lavoro estremamente impegnativo portato avanti dagli investigatori e dalla Procura da cui è emerso un quadro estremamente grave, con pregiudizio per la salute pubblica. Le indagini proseguono per definire le responsabilità penali delle persone coinvolte e ricostruire in termini di assoluta precisione i fatti oggetto dell'inchiesta», ha commentato il Procuratore capo della Repubblica di Vibo Valentia Mario Spagnolo.

Ventisei le persone iscritte nel registro degli indagati e tra queste figurano il neo sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo, nella sua qualità di presidente della Sorical, l’attuale sindaco di Vibo Valentia, Nicola D’Agostino, e il suo predecessore, Franco Sammarco. Avvisi di garanzia anche per dirigenti e tecnici della società di gestione del servizio idrico, responsabili di aziende sanitarie provinciali, dirigenti regionali e funzionari dell’Arpacal (avrebbero omesso di predisporre i prelievi annuali dell’acqua), oltre che ad altri amministratori locali. Le accuse, a vario titolo, sono di inadempienza del contratto di pubblica fornitura, avvelenamento colposo di acque, interruzione di pubblico servizio, omissione in atti d’ufficio e falso.

Luigi Rubens Curia, Silvana Angela Emilia De Filippis e Rossana Maida, dirigenti del Dipartimento Tutela della salute della Regione sono finiti sotto accusa perché avrebbero omesso

di esercitare i poteri sostitutivi in caso di inerzia delle autorità locali nell’adozione dei provvedimenti a tutela della salute umana e non avrebbero comunicato ai Ministeri della Salute e dell’Ambiente le irregolarità.

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