Il rude poliziotto Mel somiglia all’«autore ombra» di Polanski

Inganno contro i popoli di Stati Uniti e Gran Bretagna. Lo denunciano Fuori controllo di Martin Campbell, con Mel Gibson, (uscirà venerdì) e L’uomo nell’ombra di Roman Polansky, con Pierce Brosnan (uscirà il 9 aprile). Coalizzandosi nel 2003, Bush e Blair avevano saldato contro di loro Hollywood e cinema da festival. Continuando quella politica, Obama ha messo le condizioni per l’incredibile, l’indiretto sodalizio fra i premi Oscar Mel Gibson, presunto giudeofobo, e Roman Polansky, ebreo.
Derivato da una serie di telefilm della Bbc, Fuori controllo (in originale Edge of Darkness, «Margine oscuro») propone Thomas Craven, un poliziotto di Boston in età pre-pensionabile (Gibson), la cui figlia (Bojana Novakovic) è uccisa per aver scoperto che una multinazionale produce nucleare che vende all’estero, col placet del governo federale. Così quest’ultimo può poi accusare gli acquirenti di minacciare la pace mondiale...
Nell’impari lotta, l’agente Gibson si guarda dal rivolgersi all’Fbi, miscela di polizia politica e controspionaggio, e alla Cia, che per legge dovrebbe operare solo all’estero. Conta solo su se stesso e sui colleghi della polizia locale, riproponendo la questione dei diritti degli Stati (qui il ben settentrionale Massachusetts), soverchiati da intrusioni federali, un argomento di destra negli Usa fin dalla guerra civile. Che cosa può un poliziotto contro l’«apparato militar-industriale»? Toccherà dunque agli altri cittadini seguire l’esempio e ritrovare la sovranità popolare, tema sia di destra (specie nuova), sia di sinistra.
Gibson ha ingaggiato come regista quello di Casino Royale, Martin Campbell, e ripronendo in Fuori controllo un clima d’oppressione e situazioni già viste in Ipotesi di complotto di Richard Donner (1997), altro film con Gibson. Da qui vengono i furgoni neri - versione Suv e Usa delle Ford Falcon verdi degli squadroni della morte argentini - carichi di agenti di un servizio segreto, pubblico o privato, ed elicotteri che tutti sorvolano.
Psicosi? Dopo il Patriot Act, la libertà del cittadino americano si è compressa. Gli eventi pericolosi successivi non hanno avuto una matrice così nitida da escludere il dubbio che fossero episodi di strategia della tensione applicata agli Stati Uniti e non più fuori da essi. Dunque Gibson è ora di estrema sinistra? Per escluderlo, basta ascoltare ciò che si dice degli attivisti ecologisti in Fuori controllo. Semplicemente riconosce anche a loro, come a ogni cittadino, il diritto di controllo sulle multinazionali (l’allusione all’Hallyburton non è casuale) che sono invece fuori controllo - appunto - delle istituzioni politiche elettive, visto che sono i loro fondi a condizionarle.
Un altro dettaglio distingue la coscienza civica incline agli spazi aperti di Gibson da quella claustrofobica di Polansky. Quest’ultimo s’ispira per il suo idealista sdegnato, interpretato da Ewan McGregor ne L’uomo nell’ombra, a Ghostwriter («Autore ombra»), autobiografico romanzo di Robert Harris (Mondadori), già vicino a Blair. Alter ego di Gibson è invece un «uomo violento e pericoloso», che tante ne ha viste...
Coerente, Gibson non ha fatto lifting. In Fuori controllo lo vediamo gualcito e soverchiato dalla prestanza dei comprimari. Con la figlia ha un rapporto distante, come l’aveva il ladro - capitato fra intrighi della Casa Bianca - di Clint Eastwood nel suo Potere assoluto (1996).

Età del personaggio e finale realistico di Fuori controllo evocano anche il disilluso sceriffo di John Wayne ne Il pistolero di Don Siegel (1976), regista maestro di Eastwood. A volte, fra vecchi gentiluomini càpita di ritrovarsi...

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