«Rumori fuori scena», il teatro si confessa

Tutte le lotte tra primedonne, vizi e odii, amori e debolezze nell’ironico lavoro di Michael Fryan diretto da Claudia Negrin

«Rumori fuori scena», il teatro si confessa

Matteo Failla

«Raccontami i retroscena»: non è forse questa una delle frasi più utilizzate per soddisfare la nostra insaziabile curiosità? È proprio quello che «sta dietro» ad affascinare spesso l’uomo comune, per questo Michael Fryan ha scritto un testo come Rumori fuori scena, per raccontare con la formula del teatro nel teatro ciò che accade prima che uno spettacolo debutti davanti al pubblico: lotte tra prime donne, vizi e odi, amori e debolezze. Chi si occupa di teatro è ben conscio di questi retroscena, tanto che assistere a una messa in scena del genere, per costoro, potrebbe equivalere a una catarsi: tragica e divertente al tempo stesso.
Per gli addetti ai lavori bisognosi di redenzione, e per il pubblico che vuole divertirsi, il Teatro Verga presenta appunto Rumori fuori scena, una produzione della Compagnia Stabile del Teatro con la regia di Claudia Negrin e, tra gli altri, l’attore Michele Bottini.
Perché hai scelto “Rumori fuori scena”?
«In realtà è un testo che non conoscevo - afferma Claudia Negrin -, me lo hanno consigliato gli attori della Compagnia Stabile circa tre anni fa perché lo trovavano decisamente divertente. Quest’estate ho iniziato a leggerlo e studiarlo, e ho deciso che si poteva fare. L’unico problema riguardava l’impegnativa scenografia, ma lo abbiamo risolto chiedendo l’aiuto di Elisabetta Guglielmo, che ha vinto il premio del Comune di Milano come miglior proposta di scenografia nella Rassegna “Ewiva” che si svolge al Teatro Verga. Avevamo voglia di fare qualcosa di divertente, e dopo Il Vizietto dell’anno scorso abbiamo puntato su questo testo: il gioco teatrale e la scrittura di Fryan sono geniali».
Da regista e attrice hai mai vissuto situazioni simili a quelle descritte nel testo?
«Certamente sì, già da quando ero in Compagnia al Piccolo Teatro e giravamo l’Europa con l’Arlecchino: tra gelosie per fidanzamenti tra attori e liti per le più disparate ragioni ne sono successe veramente tante. Oggi mi identifico con il regista, che è complice degli attori, a cui tiene come dei figli da “crescere” fino alla fine dello spettacolo, ma che spesso odia perché distanti dall’idea che si è fatto di loro: è un ironico rapporto di amore e odio».
“Rumori fuori scena” è diventato anche un film nel ’92 con, tra gli altri, Michael Caine.
«Sì, e anche nel caso della trasposizione cinematografica tutto è rimasto invariato. Gli unici inserimenti fuori dall’originale sono state le parti di narrazione in prima persona recitate da Caine, nel ruolo del regista, che gironzolava per New York pensando alle repliche».
È un “teatro nel teatro” che vuole solo divertire quello di Fryan, lontano dall’utilizzo pirandelliano.
«Il piano di lettura di Pirandello, sia del teatro che dell’“apparenza”, era decisamente più intellettuale; era qualcosa che possiamo vivere tutti nella realtà, indipendentemente dal lavoro che facciamo.

Quello di Fryan è invece un dietro le quinte spassoso che riguarda esclusivamente il mestiere dell’attore, ne fa un utilizzo meno intellettuale e filosofico. Fryan è geniale, ma in modo differente: la sua non è una “gita” nei meandri della psiche umana, lui è un artista con un’innata capacità di scrittura e di lettura della realtà teatrale».

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