Rutelli annuncia querele ma alla Corte i conti non tornano

L’ex sindaco dice che ci denuncerà Il contenzioso contro la sua giunta non è però chiuso come dice lui: ci sono ancora due ricorsi pendenti Il giurista Sanino: «Poteva beneficiare della norma Fuda»

da Roma

Francesco Rutelli annuncia che querelerà il Giornale, respingendo ogni accostamento del suo nome alla vituperata norma, figlia d’ignoti, sui tempi di prescrizione per le responsabilità contabili, inserita nella Finanziaria e poi abrogata con decreto legge dal governo.
La nota del suo ufficio dice, tra l’altro: «Il contenzioso tra Rutelli e la Corte dei conti, chiamato impropriamente in causa dalla stampa, è già concluso da anni e non potrebbe certo essere rimesso in questione da una norma approvata dal parlamento».
Ma le cose, spiegano alla Corte dei conti, non stanno affatto come dice il vicepremier e leader della Margherita. Anzi, sono tuttora pendenti due ricorsi per revocazione delle sentenze del 2002, esattamente la numero 136 e la numero 137, che lo riguardano. Si riferiscono alle note vicende giudiziarie che hanno portato alle condanne sia in primo che in secondo grado, dell’allora sindaco di Roma, della sua giunta e dei suoi funzionari, per una serie di incarichi di consulenza attribuiti con delibere nel 1995 e 1996. Per questi fatti, che per i giudici comportarono un ingente danno all’erario, agli imputati è stato imposto di pagare risarcimenti milionari al comune capitolino, anche se ridimensionati in appello.
La partita, confermano alla seconda sezione d’appello della Corte dei conti che ha emesso le sentenze, non è ancora chiusa. Gli interessati hanno infatti presentato ricorsi per revocazione, una forma d’impugnazione straordinaria che è l’ultima chance in questo caso. Dunque, la controversia è ancora sub iudice e le sentenze potrebbero essere annullate. Solo quando passeranno in giudicato il contenzioso sarà davvero chiuso, come dice Rutelli.
A questo punto, l’altra domanda è: quella famosa norma battezzata Fuda ma disconosciuta da tutti, per cambiare il momento da cui decorre la prescrizione anticipandolo di 5 anni, avrebbe portato vantaggi a Rutelli e compagni riguardo a queste vicende giudiziarie tuttora aperte?
«Se la norma introdotta in Finanziaria fosse entrata in vigore - risponde uno dei più noti avvocati amministrativisti italiani, Mario Sanino - si applicherebbe anche a casi in cui è pendente il giudizio di revocazione, perché le sentenze non sono passate in giudicato. Anche oggi, dopo il decreto legge di abrogazione, mi sembra tutto da vedere. Perché quello che è stato fatto è un pasticcio, una cosa che non si è mai vista. E bisognerà valutare il gioco della sovrapposizione tra le due norme, la vecchia sulla prescrizione che sarebbe ripristinata e quella che è stata abrogata senza aver mai visto la luce».
La situazione, insomma, è intricata oggi che la norma è stata cancellata in modo così «originale», ma se fosse rimasta in Finanziaria quale avvocato avrebbe rinunciato all’opportunità di avvalersene in pendenza di un giudizio per revocazione? Lo fanno notare alla Corte dei conti, pur precisando che la questione potrebbe essere controversa, legata alla giurisprudenza in materia.
«Per valutare se la norma che modificava i tempi di prescrizione - spiega un altro luminare in Diritto amministrativo, l’avvocato Francesco Gaetano Scoca - avrebbe avuto ricadute su sentenze che hanno pendente un ricorso per revocazione, bisognerebbe conoscere i motivi del ricorso stesso».
Colpisce, comunque, un particolare: in ambedue le sentenze di condanna a carico di Rutelli e compagni, guarda caso, una delle eccezioni sollevate dalla difesa riguarda proprio i tempi da cui parte la prescrizione. In quella del 22 aprile 2002 (la 136), in particolare, si fa notare che solo Rutelli l’ha sollevata in prima istanza, mentre per gli altri che l’hanno fatto in appello è inammissibile.

L’istanza viene comunque respinta, come nella sentenza 137, proprio «sulla base della corretta individuazione del periodo quinquennale utile ai fini di prescrizione». Ed è proprio questo il punto sul quale voleva incidere l’emendamento Fuda.

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