Catania - Tra le scartoffie, le pratiche, gli appunti di lavoro, l’ispettore-istruttore ucciso dagli ultrà sulla scrivania aveva evidenziato a matita i passaggi più interessanti del manuale per poliziotti adusi al combattimento metropolitano. Il vademecum del celerino («Gli strumenti di coazione fisica utilizzati nel servizio di ordine pubblico») è scritto da due colleghi, il vicequestore Antonio Adornato e il commissario Flavio D’Ambrosi che, dopo aver rischiato anche loro la pelle con gli ultrà di mezz’Italia, adesso lavorano come super esperti di settore al Viminale. Il libro è un saggio di buone maniere, controtecniche di guerriglia, regole di ingaggio, proiezioni repressive e difensive. È l’altra faccia della medaglia rispetto al manuale ultrà con i consigli «per farla franca e sfondare lo sbirro» rinvenuto in uno dei covi della più feroce tifoseria catanese.
Manganello terapeutico
Come non partire dagli strumenti di difesa. «L’addestramento impartito agli operatori delle forze dell’ordine - si legge - implica non soltanto la trasmissione di un’ottima capacità, abilità o maestria nell’uso dell’arma o di vari strumenti di difesa, ma anche un’accentuata ponderazione nell’utilizzo degli stessi in considerazione dei diritti fondamentali che potrebbero essere lesi da un loro uso smodato». Va bene ristabilire l’ordine e la sicurezza non bisogna eccedere col manganello, il cui uso corretto è subordinato «all’esistenza delle fattispecie di violenza o resistenza». Lo sfollagente in dotazione alla Celere «è di facile uso e piuttosto maneggiabile, se correttamente utilizzato, rappresenta il più idoneo strumento per vincere una resistenza o respingere una violenza». Il manganello nostrano è in gomma e cavo al suo interno: «Questa sua qualità lo rende facilmente piegabile ammortizzando, in tal modo, ogni contatto con una superficie dura». Bersaglio da colpire «è il tronco della persona e non la testa o il volto». La tecnica migliore è quella dell’otto: «Si compie con lo sfollagente un movimento rotatorio a forma di otto al quale si accompagna una rotazione del busto e dei passi avanti».
Spari d’acqua
Quando il gioco si fa duro il ricorso agli idranti è caldamente consigliato. L’urto di un getto d’acqua «che esce da un grosso bocchello può costituire un serio pericolo per una persona che ne venga investita a meno di quindici metri di distanza». Le tecniche di lancio sono diverse: a pioggia contro pochi ultrà (il getto inizialmente compatto si sfrangia e precipita al suolo in forma di pioggia), a sbarramento (direttamente al suolo, davanti all’idrante per prevenire l’avanzata della folla), ad urto (direttamente su un numero nutrito di dimostranti quando la situazione è ormai critica).
Lacrimogeni
I cosiddetti «artifizi lacrimogeni» sono un formidabile strumento dispersivo per l’avanzare degli ultrà. I candelotti non possono essere sparati a distanza ravvicinata ma con un tragitto a parabola. Gli effetti, per chi è investito dal lancio dei candelotti, sono noti a tutti. Quanto ai soggetti resi inermi dallo stesso, una volta raggiunti dalla polizia «devono essere oggetto di un’azione di pronto soccorso» e solo successivamente di un, eventuale, arresto.
Attenti al cane
L’impiego dei cani nei servizi di ordine pubblico secondo gli esperti «non deve mai essere considerato sostitutivo ma solo integrativo all’azione del poliziotto». L’effetto psicologico di un cane che abbaia e ringhia «è notevole e costituisce un ottimo deterrente contro gli effetti psicologici che la folla scatena negli individui». Un limite «è l’impossibilità di utilizzare tale strumento negli interventi repressivi» poiché è quasi impossibile «controllare il cane nei frangenti più violenti».
Protezioni
Tra gli strumenti protettivi citati spicca il blindato motorizzato VTC capace di «forzare degli sbarramenti creati con cassonetti, transenne o macchine incendiate e permettere alle forze dell’ordine di evitare pericoli». Poi c’è lo scudo antiurto in plastica, di forma rettangolare con dimensioni pari a 90x50 centimetri. Quindi il prezioso casco Ubott «la cui visiera deve essere tenuta leggermente alzata per evitare “l’appannamento” soprattutto nei veloci movimenti di squadra».
Scontri
Per affrontare una massa di tifosi inferociti e ben organizzati si consiglia una preparazione tecnica, fisica e psicologica ad hoc. Il coordinamento in battaglia è affidato a un centro di comando. «Gli spostamenti dei Reparti devono evitare inutili dispersioni come l’inseguimento nei vari vicoli e viuzze che porterebbe a contatti ed aggressioni». Bisogna confrontarsi con gli ultras stando sempre uniti, compatti, sul modello della testuggine romana, in particolare quando si è sottoposti a «lanci di bottiglie e altri oggetti contundenti che si possono essere evitati soltanto con le dovute protezioni di gruppo e personali utilizzate nelle tattiche del cosiddetto «impiego di squadra», intendendo per “squadra” un gruppo di nove poliziotti più un capo squadra. È vietata la «la caccia all'uomo», ed «è altresì, vietato infierire sui dimostranti caduti a terra o che non pongano in essere fattispecie di violenza o resistenza». Quando i facinorosi attaccano «con molotov, sassi, spranghe, tubi, catene, mazze, fionde, bulloni e altro», occorre che la polizia imprima al suo operato la saldezza morale unita a un forte equilibrio e cognizione dei principi costituzionali sopra esposti».
Il comandamento, ovviamente, non vale per gli assassini di Filippo e per quanti parlano di responsabilità di una polizia “cilena” che perde sempre la testa perché non sa frenare i suoi istinti animali.
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