Gian Micalessin
Tanto per incominciare Ehud Olmert ha rifilato una polpetta avvelenata a Mahmoud Abbas. La sua prima autentica decisione politica, la scelta di cedere alle pressioni americane e permettere ai palestinesi il via libera al voto nei quartieri orientali di Gerusalemme Est, ha messo con le spalle al muro un presidente palestinese già a un passo dalle dimissioni. Un eventuale niet israeliano sul voto di Gerusalemme era l’unica scusa a cui Abbas poteva appellarsi per rinviare la prova elettorale ed evitare un’insopportabile sconfitta firmata Hamas.
Il nulla osta di Olmert al voto palestinese di Gerusalemme Est, confermato ieri sera dal ministro della Difesa Shaul Mofaz, gli ha di fatto strappato di mano l’ultimo alibi. Il presidente palestinese si è dunque rassegnato e ieri sera ha confermato il regolare svolgimento delle elezioni fissate per il 25 gennaio. Per farlo ha voltato le spalle alla vecchia guardia di Fatah che continua a insistere per un rinvio e ha accettato la sfida delle Brigate Martiri di al Aqsa pronte ad assaltare i seggi pur d’impedire il successo dei rivali di Hamas. Del resto Abbas non poteva fare diversamente. Dopo il via libera israeliano cancellare il voto equivaleva ad ammettere di agire solo per salvare l’agonizzante Fatah da un’ultima umiliante sconfitta.
Il permesso israeliano, annunciato in mattinata dal ministro per la Sicurezza pubblica Gideon Ezr, sembrava inizialmente riguardare soltanto la campagna elettorale. «Tutti quelli che desiderano partecipare alla campagna devono richiedere alla polizia di Gerusalemme il permesso, ma soltanto coloro che non rappresentano gruppi estremisti lo riceveranno», aveva avvertito Ezr, facendo intendere che i candidati di Hamas verranno automaticamente esclusi. Hamas ha già promesso di aggirare ogni restrizione. «Faremo campagna nonostante i divieti perché abbiamo i mezzi e gli strumenti per farlo», ha detto da Gaza il portavoce Sami Abu Zuhri.
Le restrizioni imposte ad Hamas nei quartieri orientali di Gerusalemme potrebbero rivelarsi alla fine ulteriormente controproducenti per Fatah. Come spesso succede sul fronte palestinese, un divieto israeliano rischia, infatti, di favorire i candidati apparentemente svantaggiati.
In tutto ciò il presidente Mahmoud Abbas sembra a un passo dalle dimissioni. L’ultima sua sfida, l’ultimo suo disperato tentativo di rimanere in sella saranno proprio queste elezioni. Se nonostante le difficoltà e l’apparente svantaggio riuscirà a garantire una vittoria a Fatah sfruttando al meglio l’alleanza con i “giovani leoni” di Marwan Barghouti, il presidente avrà ancora qualche mese per far fronte al caos palestinese. Ma se incasserà una dura sconfitta firmata Hamas dovrà abbandonare la carica. La decisione di mettere sul tavolo le proprie dimissioni è stata rivelata dal quotidiano giordano Al Doustour che ha citato fonti del più stretto entourage presidenziale.
Neppure garantire il regolare svolgimento del voto sembra però facile. Nella turbolenta Gaza e in alcune regioni della Cisgiordania come Jenin e Nablus le Brigate Martiri di Al Aqsa, in aperta rottura con i vertici di Fatah, sono pronte a dare l’assalto ai seggi per impedire una vittoria dei militanti fondamentalisti. Ieri il generale Nasser Yousef, ministro degli Interni dell’Autorità nazionale palestinese, responsabile in teoria della sicurezza, ha ammesso di non poter garantire il regolare svolgimento del voto. Youssef è particolarmente allarmato per la situazione di Gaza dove le bande armate sono ormai totalmente fuori controllo.
A rendere ancor più tesa la situazione ci pensa la voce di Abu Moussab Zarqawi. Il terrorista con un messaggio inciso sul sito utilizzato dalla sua Al Qaida irachena fa sapere che i missili katiusha piovuti sui territori settentrionali d’Israele lo scorso 28 dicembre sono stati lanciati su ordine diretto di Osama Bin Laden. «I razzi sparati sugli antenati delle scimmie e dei maiali dal sud del Libano sono solo l’inizio di un attacco in profondità contro il nemico sionista… tutto è stato fatto seguendo le istruzioni dello sceicco di tutti i mujaheddin Osama Bin Laden».
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