Covid, ecco perché i bambini si ammalano di meno

Uno studio dell'Università Federico II di Napoli spiega perché i bambini sarebbero più protetti dalla malattia. "Hanno meno recettori attivi per il virus"

Covid, ecco perché i bambini si ammalano di meno

Le caratteristiche cliniche dell'infezione da Covid-19 sembrano differire nei bambini rispetto a quelle negli adulti: è quanto scoperto da uno studio del CEINGE-Biotecnologie Avanzate di Napoli e dell'Università Federico II.

Perché i bambini si ammalano meno

La risposta è in una molecola delle vie respiratorie, fondamentale per il Sars-Cov-2 per diffondersi nell'organismo e che nei piccoli è molto meno attiva chiamata Neuropilina 1. Il perché è presto detto: risulta molto meno attiva nel tessuto epiteliale che riveste internamente il naso dei bambini. La Neuropilina 1 è un recettore del Covid in grado di potenziare la sua entrata nelle cellule e diffondersi nell'organismo. Gli studiosi guidati da Roberto Berni Canani hanno analizzato i meccanismi di attacco del virus esaminando i campioni biologici ottenuti dalle alte vie del respiro e dall'intestino (le due principali vie di ingresso del coronavirus nell'organismo) di bambini e adulti sani. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Frontiers in Pediatrics.

"Hanno meno recettori"

Dal 19 maggio al 30 luglio 2020, individui di entrambi i sessi e di età compresa tra 1 e 10 anni nella popolazione pediatrica e 20-80 anni nella popolazione adulta, sono stati valutati consecutivamente presso centri terziari di pediatria, gastroenterologia e otorinolaringoiatria per sospetti disturbi organici respiratori o gastrointestinali. «I dati emersi hanno suggerito che i bambini di età inferiore ai 10 anni hanno una minore suscettibilità alle infezioni SARS-CoV-2 rispetto agli adulti, con gli adolescenti che sembrano avere la suscettibilità simili agli adulti. Abbiamo pianificato di valutare due popolazioni con fasce di età ben distinte: la popolazione pediatrica composta da bambini e preadolescenti di età compresa tra 1 e 10 anni e la popolazione adulta composta da soggetti di età compresa tra 20 e 80 anni», scrivono i ricercatori. «I bambini hanno meno recettori attivi per il virus. Abbiamo identificato un importante fattore in grado di conferire protezione contro il virus Sars-CoV-2 nei bambini - commenta Berni Canani al Messaggero - che si aggiunge ad altri fattori immunologici che stiamo studiando».

Il long Covid nei bimbi

Tuttavia, le notizie arrivate negli ultimi giorni dall'Indonesia sull'aumento dei casi di morti Covid proprio tra i bambini, allarmano alcuni pediatri. Giuseppe Mele, presidente della Società Italiana Medici Pediatri (Simpe), ha affermato che già da tempo il long Covid, cioè i sintomi a lungo termine anche dopo la fine della malattia, aggredisce i bambini con problemi comportamentali, perdita del sonno, ansietà frequente. «Stiamo riscontrando situazioni anche in Italia di malattie multisistemiche che stanno colpendo soprattutto i bambini, creando problemi a livello cardiaco, e che colpiscono molti organi e possono tendere ad una cronicizzazione di questa patologia», afferma a Radio Cusano-Campus.

Perché è fondamentale vaccinarsi

Le notizie che arrivano dall'Indonesia sono preoccupanti «perché indicano che non è vero che il Covid non crei problemi nella fascia da zero a 16 anni. Lo abbiamo sempre detto che i bambini sarebbero stati gli untori del futuro, se la ricerca non avesse trovato rimedi per questa fascia», insiste Mele. In ogni caso, come dice lo stesso Berni Canani sulla situazione in Indonesia, bisogna capire quali sono le condizioni cliniche di partenza dei bambini che si sono ammalati: malnutrizione e malattie pregresse sappiamo che influiscono negativamente sul decorso grave del Covid.

«Quello che abbiamo visto finora in Italia e nei paesi occidentali è che c'é una grande discrepanza tra adulti e bambini circa numero di casi, ricoveri e morti, e che anche con la variante Delta finora non c'è stato un aumento di casi tra i bambini». Ecco perché, anche nella fascia d'età più giovane, la vaccinazione rimane l'unica arma per fermare il virus e non creare situazioni critiche per i più piccoli.

«Bisogna insistere sul fronte delle vaccinazioni perché i dati attualmente disponibili dimostrano che i vaccini in questa fascia d'età, dai 12 anni in su, sono perfettamente sicuri», spiega la Presidente della Società Italiana di Pediatria (Sip) Annamaria Staiano, secondo la quale «per evitare di nuovo la didattica a distanza è importante ancora di più sensibilizzare i genitori e i ragazzi sulla certezza della vaccinazione anti-Covid, che è l'unica arma per combattere la diffusione del contagio».

Bassetti: «Vaccini da 0 a 100 anni»

«Sarà un bene avere un vaccino anti-Covid a disposizione per tutte le fasce d'età: da 0 a 100 anni. Quindi anche per i bambini. Poi sull'opportunità di usarlo si valuterà. Ma ci sono, purtroppo, alcune categorie di bambini immunodepressi, malati oncologici o chi ha il sistema immunitario che non funziona bene, se questi piccoli dovessero prendere il Covid potrebbe essere un problema e avere un vaccino a disposizione può invece aiutarli. Bene vengano quindi gli studi che sono in corso e anche la sollecitazione dell'Fda alle aziende per ampliare gli studi così da garantire una maggiore sicurezza». Lo afferma all'Adnkronos Salute Matteo Bassetti, primario di Malattie infettive all'ospedale San Martino di Genova.

Sul via libera dell'Aifa al vaccino al Moderna per 12-17enni, Bassetti è molto chiaro: «È una ottima notizia e un'opportunità in più». Secondo l'infettivologo.

«Il vaccino per la fascia 10-12 anni può mettere in sicurezza le scuole medie» mentre per quanto riguarda le vaccinazioni per i ragazzi più grandi «sono piccoli uomini e non ci sono sicuramente problemi - avverte - il vaccino è autorizzato, i miei figli sono l'hanno fatto. Sarà lo strumento per ritornare in presenza a scuola».

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