Efficaci cure innovative per le leucemie più severe

Luisa Romagnoni

A Copenhagen, al 21° Congresso dell'European hematology association (Eha), circa 14mila i partecipanti e quasi 2.500 le comunicazioni scientifiche presentate, l'immunoterapia applicata al trattamento delle malattie del sangue, come nel caso delle leucemie acute, ha giocato un ruolo di primo piano. «Nel settore delle leucemie acute, ora incominciamo ad avere farmaci nuovi», spiega Fabrizio Pane, presidente della Società italiana di ematologia (Sie).«Gli anticorpi monoclonali, come quelli bispecifici, riescono a facilitare l'incontro tra la cellula neoplastica, con gli effettori del sistema immunitario, cioè i linfociti in grado di eliminarla. É qualcosa di ingegnoso, che si sta traducendo in risultati clinici di grandissima importanza». Altri modi con cui si maneggia e utilizza il sistema immunitario si stanno aggiungendo. A tal proposito blinatumomab, un anticorpo monoclonale bispecifico (Bite) di Amgen, ha dimostrato un aumento quasi due volte superiore della sopravvivenza globale media, rispetto alla chemioterapia (attuale standard di trattamento), in pazienti adulti con leucemia linfoblastica acuta (Lla) da precursori delle cellule B, recidivante o refrattaria, negativa per il cromosoma Philadelphia. I dati sul farmaco (emersi dallo studio di fase III Tower), sono stati presentati nel simposio presidenziale in sede Eha. «Lo studio Tower rappresenta un grande avanzamento nel campo della terapia della leucemia acuta linfoblastica dell'adulto», afferma Alessandro Rambaldi, professore ordinario di ematologia università degli studi di Milano. «Questa nuova molecola ha dimostrato la capacità di cambiare la storia naturale della malattia. Una frazione significativa dei pazienti coinvolti, ha ottenuto la remissione e l'ha mantenuta.

Quello che però è più importante di questo studio, è la prospettiva che lancia per il futuro di questa molecola che, non sarà nel trattamento di pazienti così avanzati, ma all'inizio della strategia terapeutica. Le promesse legate a questo trattamento, sono così forti da lasciar ipotizzare che l'impiego del trapianto allogenico potrà essere sensibilmente ridimensionato perché troppo tossico».

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