Scoperto un farmaco che blocca l'epatite Delta

Un nuovo farmaco promette di sconfiggere l'epatite Delta: è appena stato approvato dall'Ema il primo trattamento per curare la malattia. Ecco di cosa si tratta e quanto è diffusa in Italia

Scoperto un farmaco che blocca l'epatite Delta

La Medicina continua a fare enormi progressi: è stata messa a punto una cura contro l'epatite Delta, tra le più aggressive e pericolose epatiti croniche virali per la velocità con cui progredisce causando cirrosi, necrosi e, nei casi più gravi, anche lo sviluppo di tumori fino alla morte. L'infezione è causadata dall'HDV, un virus "difettivo", che richiede cioè la contemporanea presenza dell’infezione dell'epatite B per permetterne la produzione. Come spiegano gli esperti, l’infezione si presenta solo in soggetti HBsAg positivi.

Il nuovo farmaco

Soltanto in Italia, sono affette da questa malattia circa 15mila persone. "È un'infezione virale causata da un piccolissimo virus, uno dei più piccoli al mondo, scoperto a Torino dal professor Mario Rizzetto nel 1977, che determina infiammazione e danno al fegato fino a farlo diventare cirrotico e sviluppare un tumore", spiega a Repubblica il professor Alessio Aghemo, segretario Aisf (Associazione italiana studio del fegato). Grazie al vaccino contro l'epatite B sviluppato negli anni '80, i casi sono diminuiti ma la migrazione da Paesi con scarsa vaccinazione "mette in crisi il nostro sistema", sottolinea l'esperto. Adesso, però, si può tornare a sorridere grazie a una nuova terapia che può bloccare la replicazione dell'infezione, permettendo così ai pazienti di sopravvivere. Il farmaco si chiama bulevirtide: come potete leggere sul link, l'Ema lo ha già approvato e adesso si aspetta il parere favorevole anche dall'Aifa.

L'epatite D

L'infezione si contrae allo stesso modo dell'epatite B, ossia per via parenterale (durante il parto), tramite rapporti sessuali, materiali biologici infetti o l'uso di sostanze endovena. Il virus Hdv può infettare soltanto chi ha già l'epatite B: può svilupparsi in contemporanea o manifestarsi in un secondo momento. "L'infiammazione al fegato può trasformare l'organo in cirrotico, molto danneggiato, fino a causare tumori o insufficienza epatica", sottolinea Aghemo. La difficoltà di riconoscerla è l'essere asintomatica anche nei casi più gravi. Se compaiono ittero o ascite, sintomatologia tipica di chi soffre al fegato, significa che la malattia è già in stadio molto avanzato. Per scoprirla è necessario anche solo un esame del sangue "a cominciare dalle transaminasi che, se mosse, indicano che c'è qualche problema al fegato. A quel punto, è meglio approfondire con una ricerca nel sangue di proteine prodotte dal virus stesso".

"Il fegato si rigenera"

Fino a prima dell'approvazione del nuovo farmaco, l'unico in grado di curare l'epatide Delta era l'interferone, i cui effetti collaterali sono spesso nocivi tant'é che molti pazienti non possono utilizzarlo: per questo motivo, la percentuale di guariti con interferore è bassissima, intorno al 10%. "Il bulevirtide è specifico per questa infezione - spiega il professor Aghemo - è in grado di bloccare la replicazione del virus e di normalizzare gli esami. È un farmaco che va mantenuto, va fatto per uno o due anni ma ad oggi non sappiamo cosa avviene una volta sospeso. Il paziente non guarisce ma migliora perché 'mettendo in pausa la malattia il fegato si rigenera". A differenza dell'interferone, può essere somministrato a qualsiasi categoria di pazienti ed è l'unica valida alternativa al trapianto di fegato.

La situazione in Italia

Grazie alla massiccia diffusione della vaccinazione contro l'epatite B, la Delta in Italia è poco diffusa: gli ultimi dati dicono che sia quasi assente nella fascia che va da 0 a 45 anni, si riscontra maggiormente nei non nati in Italia e nella fascia over 45. "Chi arriva nel nostro paese non viene testato per l'epatite, cosa che invece andrebbe fatta e se il risultato è negativo la persona andrebbe vaccinata".

Come prevenzione, come per tutte le malattie virali, il vaccino rimane il più valido e unico rimedio per evitare la malattia. Gli altri comportamenti di prevenzione rimangono i rapporti sessuali protetti e evitare di venire a contatto con sangue infetto.

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