Idrocefalo, scoperta la causa dell'"acqua nel cervello"

I risultati dello studio fanno ben sperare. In futuro potrebbero essere messi a punto nuovi trattamenti farmacologici e persino una terapia genica

Idrocefalo, scoperta la causa dell'"acqua nel cervello"

L'idrocefalo o "acqua nel cervello" è un disturbo che si verifica quando i ventricoli cerebrali si ingrandiscono. Ma il motivo per cui ciò avviene non è ancora chiaro. Una migliore comprensione potrebbe portare alla nascita di trattamenti più efficaci. A tal proposito gli scienziati del Massachusetts General Hospital (MGH) e della Yale University hanno analizzato le variazioni nelle sequenze genetiche e nei modelli di espressione genica del cervello dei pazienti affetti da idrocefalo congenito. Il team è giunto alla conclusione che questa condizione non deriva da un difetto del liquido cerebrospinale, ma insorge perché le cellule primitive cerebrali non si comportano in maniera adeguata durante lo sviluppo. Lo studio è stato pubblicato su "Nature Neuroscience".

Nei soggetti con idrocefalo il continuo accumulo di liquido dilata i ventricoli del cervello, aumenta la pressione endocranica e comprime la struttura cerebrale circostante. Tale compressione può sfociare in sintomi acuti quali vomito e mal di testa, ma può anche portare al coma e alla morte. A lungo andare non è raro che si manifestino problemi neurocognitivi e disabilità dello sviluppo neurologico dei bambini. anche quando viene inserito nel cervello un dispositivo medico chiamato shunt.

I ricercatori hanno sequenziato geneticamente le cellule di 483 bambini con idrocefalo e dei loro genitori sani utilizzando una tecnologia di profilazione che scopre mutazioni genetiche negli individui attraverso l'analisi del genoma. Combinando i dati della sequenza genetica con quelli dell'espressione genica, si è scoperto che molti geni associati all'idrocefalo non convergono nei componenti della circolazione fluida, bensì nelle cellule neuroepiteliali. Si tratta delle cellule staminali cerebrali che sorgono durante le prime settimane di sviluppo e che continuano a generare tutti i neuroni di supporto.

Gli studiosi hanno quindi ipotizzato che le mutazioni del gene dell'idrocefalo potrebbero interrompere i primi processi di sviluppo del cervello umano e provocare, dunque, il disturbo. Il gene più frequentemente mutato nei pazienti dell'analisi - noto come TRIM71 - codifica per una proteina che fa parte di un percorso che regola i tempi di sviluppo delle cellule cerebrali. Quando gli scienziati hanno allevato topi per esprimere mutazioni TRIM71, i roditori hanno sviluppato idrocefalo ad esordio fetale simile a quello umano.

Meccanicamente le cellule staminali nel cervello degli animali TRIM71-mutati generavano prematuramente neuroni, portando a una carenza di cellule staminali che supportano la crescita e lo sviluppo del cervello. Si è notato, in seguito, che la risultante struttura alterata cerebrale non è in grado di mantenere la pressione esercitata dal liquido cerebrospinale. Il cervello, quindi, si deforma e i suoi ventricoli si espandono in maniera passiva. Il sito dell'idrocefalo non è il fluido, ma il tessuto cerebrale che lo trattiene.

I risultati suggeriscono che le strategie terapeutiche del disturbo dovrebbero andare oltre il drenaggio del liquido.

Secondo il team, nel tempo, con la continua scoperta di geni e con una migliore comprensione di come altre mutazioni genetiche interrompono lo sviluppo del cervello per causare l'idrocefalo, si potranno sviluppare trattamenti farmacologici o persino una terapia genica al fine di correggere le alterazioni genetiche mesi prima della nascita dei pazienti.

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