Pratica e salutare, l'insalata è uno dei contorni prediletti dagli italiani che preferiscono acquistarla al supermercato già tagliata e confezionata in busta nonostante i rischi che ciò comporta. Risale infatti a qualche mese fa una ricerca condotta in Germania da un team di scienziati guidati dal professore Kornelia Smalla del Julius Kühn Institute (JKI) secondo la quale sarebbero stati individuati nell'insalata batteri - presenti anche nel letame, nel suolo, nei fanghi di depurazione e nei corpi idrici - resistenti agli antibiotici. Questa scoperta sarebbe avvalorata ora da un ulteriore studio dell'Università di Torino. Non solo, dunque, le buste di plastica utilizzate sono nemiche dell'ambiente ma esse, strasformandosi in un vero e proprio ricettacolo di batteri, provocherebbero un repentino e facile deterioramento anche prima della data di scadenza indicata sulla confezione. Non essendoci conservanti, la freschezza è garantita esclusivamente dalle basse temperature e dalla stessa busta.
Durante tutto il percorso, dal confezionamento fino alla vendita nei supermercati, sarebbe ottimale conservare l'insalata ad una temperatura costante al di sotto degli 8 gradi centigradi. Purtroppo questa è una condizione che non sempre si verifica, basti pensare al fatto che i banchi refrigerati degli esercizi commerciali non mantengono una temperatura uniforme, esattamente come i frigoriferi ad uso domestico. Inoltre secondo l'indagine torinese le insalate - prima di essere confezionate - vengono lavate due volte in vasche speciali a ricambio d'acqua continuo, ma tale procedura non è in grado di eliminare tutti i batteri. Essi, infatti, al minimo innalzamento della temperatura si moltiplicano e attivano un processo di fermentazione che fa gonfiare i sacchetti. Per questo motivo è bene non acquistare buste gonfie anche se non sono scadute. Pur non essendo tutti i microrganismi presenti nelle insalate pericolosi, un'eccezione va fatta per il Toxoplasma gondii responsabile della toxoplasmosi, malattia parassitaria rischiosa in gravidanza.
Sul caso è intervenuta Confindustria Unione Italiana Food Gruppo IV Gamma che precisa alcuni punti di questa vicenda: "L’Università di Torino non ha pubblicato di recente nessuna ricerca sulle insalate in busta di IV Gamma.
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