Parkinson, un test della retina potrebbe diagnosticarlo

Secondo uno studio coreano, una diagnosi precoce del Parkinson potrebbe essere effettuata attraverso un test dell'occhio

Parkinson, un test della retina potrebbe diagnosticarlo

Colpisce ogni anno circa 250 mila persone e al momento non esiste una cura in grado di debellarlo. Stiamo parlando del morbo di Parkinson, una malattia neurodegenerativa ad evoluzione lenta ma progressiva. Le nozioni su questo male risalgono all'antichità. Una prima descrizione, infatti, sarebbe stata trovata in uno scritto di medicina indiana facente riferimento ad un periodo intorno al 5000 a.C. Il nome, invece, è legato a James Parkinson, un farmacista londinese del XIX secolo che per primo - nel famoso libretto intitolato "Trattato sulla paralisi agitante" - descrisse i sintomi della malattia ovvero tremore, rigidità, lentezza e problemi di equilibrio.

Solo una diagnosi precoce è in grado di rallentare la degenerazione neuronale e a tal riguardo una speranza giunge da uno studio svolto nella Corea del Sud secondo il quale un assottigliamento della retina potrebbe anticipare la comparsa del Parkinson. La ricerca condotta dal Seoul Metropolitan Government-Seoul National University Boromae Medical Center e pubblicata online su Neurology, verte sull'idea che le persone affette da tale patologia perdono in maniera graduale le cellule cerebrali produttrici di dopamina, la sostanza cioè che regola il movimento. Una retina che diventa via via più sottile sarebbe, dunque, strettamente legata alla perdita di quelle stesse cellule cerebrali.

Lo studio ha coinvolto 49 volontari esenti da cure - età media 69 anni - a cui la malattia era stata diagnosticata 2 anni prima. Tra questi 28 pazienti avevano precedentemente effettuato una tomografia a emissione di positroni trasportatori di dopamina (PET). Essi sono stati poi confrontati con 54 individui sani di pari età. A tutti, i ricercatori hanno eseguito un esame della vista completo associato a scansioni oculari con emissione di onde luminose rilevanti ogni strato della retina.

L'indagine ha condotto ad una conclusione inaspettata. Il Parkinson non solo uccide i neuroni produttori di dopamina, ma assottiglia anche la retina, in particolare i due strati interni dei cinque complessivi. Nei soggetti malati essi presentavano uno spessore medio di 35 micrometri a differenza dei 37 micrometri degli individui sani. Maggiore è il grado di assottigliamento della retina, più gravi sono i sintomi accusati.

I risultati devono ovviamente essere approvati da studi più ampi e approfonditi.

Una loro conferma rivoluzionerebbe l'approccio alla malattia. Le scansioni della retina, infatti, oltre a consentire un trattamento precoce del Parkinson, assicurerebbero un monitoraggio preciso dei trattamenti che potrebbero rallentare la progressione della patologia.

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