Da una ricerca italiana trovate cellule killer contro il cancro

Da una ricerca italiana trovate cellule killer contro il cancro: "Un farmaco che potrebbe prevenire i tumori"

Da una ricerca italiana trovate cellule killer contro il cancro

Importante novità nella lotta contro i tumori. Una nuova terapia, frutto di uno studio del San Raffaele di Milano presentato in questi giorni a Washington, permetterebbe non solo di sconfiggere la malattia, ma anche di impedire che si ripresenti per un certo numero di anni. Qualcosa di simile a un vaccino. Lo straordinario risultato è stato ottenuto grazie a uno studio firmato Irccs ospedale San Raffaele e università Vita-Salute San Raffaele, presentato al mondo scientifico in occasione del meeting annuale dell'American Association for the Advancement of Science (Aaas) e già pubblicato su "Science Translational Medicine", con primi autori Giacomo Oliveira ed Eliana Ruggiero.

All'inizio del loro lavoro gli scienziati si erano dati un obiettivo: individuare alcuni "soldati scelti" del sistema immunitario, cercare di modificarli geneticamente in modo da trasformarli in un "esercito armato", costruito in laboratorio e in grado di riconoscere e uccidere selettivamente le cellule tumorali. "Ci siamo riusciti - rivela all'AdnKronos Chiara Bonini, vicedirettore della Divisione di immunologia, trapianti e malattie infettive del San Raffaele - e abbiamo individuato quali sono i linfociti con le maggiori probabilità di riuscire in questa impresa". Queste cellule, spiega l'esperta, sono come una sorta di "farmaco vivente".

"Se vogliamo che la risposta perduri nel tempo, infatti - prosegue - occorre utilizzare cellule del sistema immunitario che abbiano le qualità per resistere, e nello studio abbiamo identificato i sottotipi con queste caratteristiche: sono le 'memory stem T cells' o staminali della memoria immunologica. La verifica è avvenuta attraverso un trial clinico di fase III che ha coinvolto 10 pazienti colpiti da leucemia acuta, già sottoposti a trapianto di midollo osseo da donatore, trattati con linfociti T modificati attraverso il 'gene suicida' Tk" sviluppato dall'azienda MolMed, nata come spin-off del San Raffaele. L'équipe italiana ha avuto la possibilità di studiare i risultati ottenuti su pazienti trattati a partire del 2000. "I parametri immunologici, a distanza di anni da trapianto e terapia genica - spiega Oliveira - sono risultati uguali a quelli di persone sane e di pari età. Il passo successivo è stato identificare quali cellule del sistema immunitario resistessero maggiormente nel tempo, andando a verificare quali 'ritrovavamo' dopo anni", fino a 14 dopo il trattamento. A essere 'promosse' sono state appunto le memory stem T cells. "Da anni stiamo studiando il loro ruolo nella memoria immunologica e in questo lavoro abbiamo verificato il loro effettivo contributo in pazienti con leucemia".

"Ogni linfocita T - riprende Bonini - riconosce un antigene specifico su un'altra cellula, che sia un virus dell'influenza o della varicella, o un qualunque altro agente patogeno. Nel nostro organismo ci sono anche linfociti T che riconoscono le cellule tumorali, ma sono molto rari mentre un paziente ha bisogno di averne molti. Il nostro compito è proprio questo: somministrargli un esercito di linfociti T anticancro costruito da noi".

Per arrivare all'obiettivo finale (che comprende trattare vari tipi di cancro), le possibili strade sono due. "La prima è armare i linfociti T usando i recettori Car, che nelle leucemie acute hanno fatto la differenza producendo risposte cliniche un tempo impensabili - ricorda Bonini - Questi recettori però hanno un problema: riconoscono solo strutture che si trovano sulla superficie esterna della cellula tumorale bersaglio. Se l'antigene è all'interno, Car non lo vede". La ricerca non è finita. Si devono terminare gli ultimi passaggi e trovare i finanziamenti per passare allo studio sull'uomo. Per questo, ovviamente, servono investimenti. E sarebbe importante che fosse proprio l'Italia a guidare la fila, visto che proprio nel nostro Paese "la pentola" è stata scoperchiata.

Test preliminari portati avanti al Fred Hutchinson Cancer Research Center in Washington su pazienti che avevano fallito le altre terapie e con circa un mese di speranza di vita, hanno dato "risultati straordinari", ha spiegato al meeting statunitense Stanley Riddell: il 94% dei partecipanti con leucemia linfoblastica trattati

con le proprie cellule re-ingegnerizzate ha visto scomparire i sintomi, mentre per altre forme di tumore del sangue la risposta è stata comunque superiore all'80%, e oltre la metà ha raggiunto la remissione completa.

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