La sclerosi multipla è una patologia neurodegenerativa cronica di natura autoimmune che interessa il sistema nervoso centrale. Più precisamente, essa aggredisce prima di tutto la mielina, ovvero la sostanza grassa che, oltre a circondare e a proteggere le fibre del sistema nervoso, è altresì coinvolta nella corretta trasmissione dei segnali nervosi. Si stima che ne siano colpite 2,3 milioni di persone (in particolare donne) e la quasi totalità delle diagnosi si concentra nella fascia di età compresa fra i 20 e i 50 anni. La sclerosi multipla si chiama così poiché, nelle diverse aree in cui la mielina subisce un danno, viene a formarsi un tessuto cicatriziale (sclerosi) al posto della normale componente tissutale.
Un team di ricercatori guidati da Seema Tiwari-Woodruff, uno scienziato biomedico dell'Università della California Riverside, ha scoperto che un farmaco potrebbe migliorare la vista nei pazienti affetti da sclerosi multipla. Si tratta di un ligando del recettore degli estrogeni, chiamato indazolo cloruro (IndCl). Lo studio è stato pubblicato sulla rivista "Brain Pathology". In questa patologia demielinizzante il periodo iniziale di infiammazione spesso danneggia per primo il nervo ottico e altre parti del sistema visivo. Circa il 50% dei pazienti manifesta neurite ottica prima di accusare altri sintomi. La neurite ottica si esprime con dolore agli occhi, visione offuscata e perdita progressiva della vista.
Il nervo ottico è un fascio di nervi altamente mielinizzati, situato nella parte posteriore dell'occhio, che trasferisce le informazioni visive dalla retina ai centri visivi del cervello mediante impulsi elettrici. La perdita parziale di mielina, dunque, rallenta la trasmissione delle informazioni visive e può addirittura interrompere del tutto il segnale. Gli studiosi hanno utilizzato l'indazolo cloruro nei topi per valutare il suo impatto sugli assoni del percorso demielinizzante. Il trattamento è stato in grado di determinare un miglioramento parziale della vista.
Tiwari-Woodruff e i suoi colleghi, dopo aver indotto il modello murino di sclerosi multipla, hanno lasciato che la malattia progredisse per circa 60 giorni. Quando questa ha raggiunto un picco compreso tra 15 e 21 giorni, gli scienziati hanno somministrato il farmaco a metà dei topi. Terminato l'esperimento, si è constatato che i roditori a cui era stato somministrato IndCl, avevano mostrato un miglioramento della mielinizzazione, con un recupero della funzione visiva del 50%.
«La misurazione della funzione visiva e del recupero in presenza di nuove terapie - afferma Tiwari-Woodruff -può essere utile per vagliare terapie più efficaci che proteggeranno gli assoni, prevenendone i danni». Il ricercatore ha poi confermato: «Se il cervello è gravemente malato, alcuni degli assoni che potrebbero potenzialmente ripristinare la funzione visiva sono troppo danneggiati e non si riprenderanno. C'è un punto di non ritorno.
Il nostro studio sottolinea che, per acquisite un miglioramento della vista, la cura deve iniziare presto. Il trattamento precoce può recuperare il 75-80% della funzione originale».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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