In Sicilia è corsa (tra le polemiche) ai nuovi Covid Hospital

Mentre si corre per aumentare i posti letto destinati ai malati positivi al Covid-19, la parola d'ordine in Sicilia sembra essere quella di evitare le esperienze vissute nel nord Italia. Emblematico il caso di Agrigento, dove i sindaci sono insorti dopo l'annuncio della costituzione di un reparto Covid all'interno dell'ospedale: "Così rischiamo una nuova Codogno"

In Sicilia è corsa (tra le polemiche) ai nuovi Covid Hospital

“Guai a ripetere le esperienze già viste al nord”: è questa la frase che più volte viene ripetuta in queste ore in una Sicilia che si appresta ad affrontare il picco dei contagi da coronavirus. Un invito che ha a che fare soprattutto con la sistemazione degli ospedali: il timore, di molti siciliani, è che i nosocomi possano diventare focolai, proprio come accaduto a Codogno.

Emblema di questa questione è l’ospedale di Agrigento: qui, al terzo piano di questa struttura, è stato allestito un apposito reparto dedicato ai pazienti Covid. Circa 60 posti letto, alcuni dei quali destinati anche ai soggetti che necessitano della terapia sub intensiva.

E non tutti sono d’accordo, anche tra gli addetti ai lavori: “Questo è un ospedale monoblocco”, ha voluto far notare al Giornale.it un medico siciliano che adesso lavora al nord ma che conosce bene la struttura della città dei templi.

“È uno dei meno indicati per la realizzazione di reparti a sé stanti – ha dichiarato il professionista – In questi casi, vedendo anche le esperienze occorse in Lombardia, era meglio cercare una struttura apposita”. Ma non tutti sono d’accordo: c’è chi infatti ha voluto sottolineare l’importanza di trovare ospedali situati in città di medie e grandi dimensioni, logisticamente quindi più facili da raggiungere per i territori di riferimento. Ed Agrigento in tal senso, così come la vicina Caltanissetta od Enna, appariva più indicata.

La vera paura però, è soprattutto legata all’idea della convivenza in uno stesso luogo di pazienti Covid e pazienti no Covid. E non è bastato all’Asp (l’Azienda Sanitaria Provinciale) mostrare il progetto, il quale prevede due ingressi separati al pronto soccorso, stanze dedicate agli eventuali soggetti postivi e percorsi interni per portare i degenti direttamente al reparto senza incontrare altri pazienti od addetti ai lavori.

L’apertura del reparto Covid all’interno dell’ospedale San Giovanni di Dio ha scatenato numerose polemiche e perplessità non solo fra i cittadini, ma anche tra le personalità politiche agrigentine. A sollevare dubbi circa tale opportunità, in primis, il sindaco di Agrigento Calogero Firetto. Il primo cittadino infatti non si è esentato dall’esprimere delle preoccupazioni in merito alla decisione assunta dall’assessorato regionale alla Salute.

“Qualora – ha detto Firetto – la situazione emergenziale dovesse rendere necessario l’utilizzo di altri reparti, o peggio, in caso di diffusione dell’infezione all’interno del nosocomio, si metterebbe a rischio la dovuta risposta sanitaria ai pazienti affetti da altri quadri patologici che devono ovviamente continuare ad avere la corretta attenzione in termini di sicurezza, diagnosi e cura”.

Molto più incisivo e “arrabbiato” l’intervento del sindaco di Raffadali Silvio Cuffaro, il quale ha espresso grande preoccupazione, dichiarandosi anche pronto ad intraprendere azioni legali contro l’Asp: “Si stanno commettendo errori commessi a Bergamo e Codogno – ha dichiarato il sindaco raffadalese – Li diffido ad attuare questa scelta e nel caso contrario li denuncio anche penalmente per eventuali fatti o danni causati ai cittadini della provincia di Agrigento”. L’opposizione espressa dal sindaco Cuffaro, muoverebbe i passi da una lettera inviatagli da un medico agrigentino in pensione che vive attualmente a Milano. Il dottore in questione ha spiegato come gli ospedali che hanno potuto gestire al meglio questa emergenza siano stati quelli dotati di padiglioni separati. Questo ha permesso attraverso un filtro esterno di contenere e governare la diffusione dell'infezione.

E sull’apertura del reparto Covid all’interno dell’ospedale agrigentino, è intervenuta anche il presidente della Commissione Salute dell’Assemblea Regione Siciliana, Margherita La Rocca Ruvolo. La sua posizione, rispetto a quella degli esponenti politici agrigentini citati è alquanto moderata.

Il deputato regionale, che tra l’altro è anche sindaco di Montevago, in provincia di Agrigento, ha chiarito innanzitutto di non essere un tecnico e pertanto di “doversi” attenere alle rassicurazioni che sono state fornite dagli esperti che si sono occupati di eseguire i lavori all’interno del reparto. “La ditta – sono state le parole espresse dalla deputata – ha assicurato che il percorso che dovranno attraversare i malati di coronavirus è isolato rispetto agli altri e quindi dobbiamo prendere atto di quanto dicono gli addetti ai lavori. I tecnici hanno assicurato che il percorso rimane assolutamente isolato, la loro relazione sui lavori eseguiti se rispettata, non dovrebbe generare alcun problema” .

L’esponente politico regionale però ha sollevato una criticità, ovvero quella legata al fatto che già prima di aprire un reparto dedicato al Covid, i medici si stavano occupando di alcuni casi legati al virus: “L’ospedale – ha raccontato La Rocca Ruvolo – è già di suo un punto delicato, non siamo esenti del tutto. C’è anche il rischio, come accaduto gli scorsi giorni, che qualcuno possa entrare in ospedale per curare una patologia diversa da quella che ha determinato l’emergenza sanitaria e risultare solamente dopo positivo al virus, quando sarebbe tardi per i degenti che gli sono stati vicino”.

Il presidente della Commissione Sanità, nel corso della nostra intervista, non ha mancato di sollevare un problema di non poco conto che riguarda la sicurezza dei medici chiamati a dover fronteggiare i casi di contagio sia in ospedale che in altri presidi. Per loro i mezzi di protezione individuale sono carenti. Nonostante le richieste avanzate dall’assessorato regionale alla Salute a Roma, i dispositivi arrivati fino ad ora appaiono insufficienti rispetto a quelli che necessitano per consentire al personale sanitario di lavorare in condizioni di sicurezza.

Intanto, il reparto Covid all’ospedale di Agrigento dovrebbe oramai essere in funzione con tutti i lavori completati. Ma la paura permane, con i cittadini che sperano di non dover assistere al trasferimento di molti pazienti all’interno delle stanze dedicate ai soggetti positivi al virus.

Anche nel resto della Sicilia proseguono i lavori nelle varie strutture predisposte ad accogliere i malati di Covid-19, con l’isola che si prepara al picco nella curva nei contagi atteso per la prima decade di aprile.

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