Una speranza in più per curare con successo un particolare tipo di tumore al fegato: il carcinoma epatocellulare avanzato. Chiamato anche Hccmm, di solito non provoca alcun sintono durante le prime fasi della malattia ma, se si manifestano, si può incorrere alla perdita di peso, ingiallimento della pelle e del bianco degli occhi (ittero) e gonfiore del ventre. Adesso, però, la speranza arriva da una cura appena approvata dall'Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco).
Il nuovo doppio farmaco
Grazie agli ottimi risultati ottenuti in fase tre dopo quasi nove mesi su 500 pazienti, il farmaco atezolizumab, assieme al bevacizumab, riuscirebbe a migliorare la sopravvivenza dei pazienti malati e bloccare la progressione della malattia. I numeri sono incoraggianti: il 42% dei pazienti riuscirebbe a sopravvivere e, dopo un follow up di 15 mesi, il rischio morte sembra ridursi del 34%. Rispetto alla cura precedente, con il sorafenib, questa sembra una terapia nettamente migliore. "L’approvazione della combinazione atezolizumab-bevacizumab rappresenta una pietra miliare nella cura del carcinoma epatocellulare", ha affermato al Corriere della Sera Antonio Gasbarrini, Direttore del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. "Dopo più di 10 anni di immobilità è finalmente disponibile un trattamento di prima linea capace di prolungare la sopravvivenza dei pazienti con una neoplasia non operabile, particolarmente delicati perché affetti anche da una disfunzione del fegato".
"Grande passo avanti"
Con questa cura, i malati sono riusciti a sopravvivere mediamente per quasi due anni (19,2 mesi), ed è il risultato più lungo mai ottenuto "da uno studio di fase tre in questa neoplasia. È un grande passo avanti", aggiunge Gasbarrini. Grazie all'azione congiunta dei due farmaci, poi, è stato osservato un miglioramento generale della qualità di vita con sintomi anche minori. "Sono i dati migliori finora ottenuti nella storia della terapia dell’epatocarcinoma e sono confortanti sotto il profilo di maneggevolezza e tollerabilità", ha aggiunto al quotidiano il prof. Fortunato Ciardiello, Ordinario di Oncologia Medica e Prorettore dell'Università degli Studi della Campania "Luigi Vanvitelli".
La sintomatologia
Purtroppo, in questa patologia, le diagnosi precoci fanno la differenza ma non sempre sono possibili. Ecco perché questo tumore è al quinto posto come mortalità dopo quello al polmone, colon-retto, mammella e pancreas. Oltre a quelli sopra menzionati, i primi sintomi appaiono fase avanzata e si manifestano con dolore nella parte superiore dell’addome che può arrivare a interessare anche schiena e spalle oltre ad una colorazione scura delle urine e alla febbre. Si tratta di una patologia complessa che ha bisogno dell'intervento di più specialistici, dai gastroenterologi a chirurghi e radiologi così da saper indirizzare il paziente verso le cure e strutture più appropriate.
Le statistiche dicono che sono stati registrati quasi 13mila
casi nel 2020, la maggior parte dei quali causati dalle epatiti B e C e da altre malattie del fegato. Al momento, soltanto nel 10% dei casi la chirurgia può risolvere la problematica se viene scoperta allo stadio iniziale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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