San Giacomo Invece dell’ospedale

Fino a un mese fa in via Canova c’era l’ingresso del pronto soccorso del più antico nosocomio romano, il San Giacomo. Oggi quell’accesso è transennato, l’insegna del presidio ospedaliero tristemente spenta. Al suo posto, al civico 19, è stato allestito in quattro e quattr’otto un ambulatorio di continuità. Solo 800 metri quadri su due piani e senza ascensore che dovrebbero sostituire l’ospedale secondo quelle esigenze che, chissà in base a quale indagine di mercato, dovrebbero essere proprie del territorio.
Un territorio che ospita circa 500mila romani, i quali fino a un mese fa potevano andarsi a curare in ospedale, effettuarvi esami specialistici e diagnostici, trovare eccellenze come la dialisi peritoneale. Ormai non più. Da lunedì 17 quella stessa gente avrà a disposizione un cardiologo 5 ore a settimana, così l’urologo, l’endocrinologo e l’otorino. E 10 ore il ginecologo, mentre solo 4 il neurologo e 2 ore il senologo e il chirurgo plastico. Le macchine per le ecografie rimarranno accese in tutto 40 ore a settimana. Un primato - a rovescio - di funzionalità e produttività che nelle aspettative del commissario per la Sanità, Piero Marrazzo, dovrebbe rendere grosse fette di risparmio.
Inoltre, accanto a questi servizi di specialistica sanitaria, l’offerta territoriale fornisce quella che ormai sarà l’assistenza del futuro: l’ambulatorio di continuità assistenziale gestito dai medici di medicina generale 24 ore su 24, compresi i festivi. Già, ma tutto questo stakanovismo sanitario messo in campo è a pagamento. Per farsi visitare, ma solo se ci si presenta con una ferita superficiale, un dolore articolare, un piccolo trauma, un’abrasione della pelle o una dermatite, si pagano 20,66 euro di contributo. Esenti e non esenti non fa differenza. Cifra che viene giustificata dalla Regione come «assistenza medica urgente non differibile». Già, quando un graffio sanguina è indifferibile disinfettarsi e mettersi un cerotto. Però tutt’al più si va a comprare disinfettante e cerotti in farmacia e non si spendono certo 20 euro per l’occorrente. Ma tant’è.
Certo è che l’operazione di Marrazzo sulla chiusura del San Giacomo continua a dare fastidio ai camici bianchi dell’ex nosocomio che presteranno servizio in ambulatorio come a quelli che sono stati trasferiti ad altre sedi. Infatti proprio ieri, in occasione dell’inaugurazione del presidio di via Canova, l’ex teledifensore civico è stato accolto da un gruppo di camici bianchi e camici verdi imbavagliati che da fine ottobre stanno portando avanti a oltranza la protesta contro la dismissione del nosocomio perseguendo anche, in qualità di Comitato San Giacomo, le vie legali di rito.
Istanze tutte che ieri hanno ricevuto da parte di Marrazzo una sorta di rassicurazione: il San Giacomo verrà riaperto come «casa dei servizi socio-sanitari». Tradotto? Non c’è un corrispettivo di chiaro significato, così come non ci sono risorse disponibili. Rimane solo il fatto certo che un «ambulatorio sostituisce l’ospedale: un fallimento annunciato».


È lapidario il segretario regionale della Fials Confsal Gianni Romano mentre dipinge il progetto del presidente-commissario: «Una specie di studio medico che dovrebbe sostituire le prestazioni sanitarie dell’ospedale San Giacomo, ma che difficilmente riuscirà a farlo in quanto presso il presidio mancano le attrezzature necessarie a evidenziare un panorama troppo ampio di patologie». E se si parla di attrezzature diagnostiche ci si mette poco a contare quelle in via Canova: una macchina per ecografia e una per l’elettrocardiogramma.

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