San Giacomo: nessuno sa dove finiranno i medici e i ricoverati

Chi avrebbe dovuto pianificare la riorganizzazione dell’offerta sanitaria non l’ha fatto. Chi avrebbe dovuto semplificare la ripartizione del personale dopo la chiusura di due grandi presidi ospedalieri non si è impegnato. Così chi avrebbe dovuto cominciare l’allestimento di un presidio di Primo soccorso nel centro città per ovviare alla chiusura del San Giacomo. E allora è scontato che, per più di qualcuno, rimanga da dire un secco «no» alla chiusura definitiva dell’ospedale con un’occupazione ininterrotta.
Dura da oltre 48 ore ormai il presidio spontaneo di medici, infermieri, familiari dei pazienti, assistiti e cittadini di Campo Marzio e Tridente per scongiurare la cessazione delle attività sanitarie del nosocomio. Mentre domani quella stessa gente scenderà in strada con un sit-in da piazza Augusto Imperatore all’Ara Pacis.
Troppi i nodi da sciogliere sia per la Fials Confsal che per il comitato «Salviamo il San Giacomo». Dalla riallocazione degli operatori nelle strutture sanitarie dell’Asl Roma A fino alla cosiddetta presa in carico dei pazienti cronici di cui anche in emodialisi. Nessuna soluzione è stata trovata per loro: il rischio per centinaia di malati di andare in carico al Grassi di Ostia, al Policlinico Casilino o al Pertini è dietro l’angolo.
Ma di occupazione a oltranza si parla pure altrove. Allo Spallanzani dove avrebbe dovuto vedere la luce il nuovo Centro trapianti. Anche qui si è deciso di occupare perché il centro rimane un capitolo nel libro dei sogni malgrado, già da un anno e dopo la serrata della Chirurgia del fegato agli Ifo, ne sono stati nominati i vertici. I ricercatori a contratto rischiano di andare a casa e per quegli anestesisti che lasciarono l’Istituto Regina Elena per proseguire qui l’attività, tira aria di trasferimento contando pure che sarà difficile per la Regione trovare le risorse per allestire un centro d'eccellenza dopo la chiusura del Forlanini. Comunque sia rimane certo che mai un provvedimento amministrativo è stato più disprezzato di quelli siglati dal presidente-commissario Marrazzo per sancire la serrata di due ospedali storici funzionanti a pieno regime. Fatto sta che il presidente-commissario non si è lasciato intimidire da occupazioni e sit-in tirando dritto per la propria strada. Una strada che però sembra conoscere solo sulla carta ma non nei fatti. Marrazzo infatti nell’ultimo pacchetto di delibere sul piano di rientro ha accluso anche un provvedimento che prevede l’istituzione di un Osservatorio regionale per la mobilità e di concerto per l’allestimento di un punto di Primo soccorso in via Canova. L’Osservatorio c’è appunto solo sulla carta perché malgrado ne sia prevista la composizione non si è mai riunito e le nomine non sono state ancora formulate.

E per il prossimo futuro? «L'unica trattativa si sta svolgendo sui tavoli manageriali dell’Asl Roma A - dice il responsabile dei rapporti istituzionali della Fials, Roberto Lazzarini - dove abbiamo espressamente detto che prima di chiudere un ospedale si deve assicurare l'assistenza e la continuità assistenziale nel territori». Ma così non è.

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