Lasciate ogni tristezza voi che entrate. Stadio San Siro, l'altra sera. Max Pezzali spazza via tutto, ansie angoscie e paturnie da «ragionieri in doppiopetto pieni di stress» e vediamo se c'è qualcuno che può smentirlo. Non è stata un'altra «notte da lupi nel Bronx», il concerto dell'altra sera, ma una festa lunga oltre due ore, una sit com del benessere per 54.400 persone (stasera 2 luglio ultima delle 3 date a San siro) che non hanno un'età precisa visto che allo stadio ci sono quarantenni cresciuti con gli 883 ma pure ragazzini con la bandana «Max Forever» ma manco erano nati quando due sconosciuti pavesi neanche troppo sexy (Pezzali e Repetto) portarono le storie di provincia al primo posto in classifica. «Fare il mio primo tour negli stadi è un'emozione indescrivibile e lo è ancora di più farlo a 56 anni» ha spiegato Pezzali che tiene sempre un profilo basso ma al momento, con Vasco e altri fuoriclasse, è uno dei pochi in grado di riempire tre San Siro consecutivi (oltre 150mila spettatori) senza aver neanche pubblicato un nuovo disco negli ultimi anni, senza aver annunciato l'addio, senza garantire altro che «far tornare a casa il pubblico più contento di quando è arrivato».
Onestamente, dai, la missione è riuscita e non capita tante volte di vedere un San Siro pieno di pubblico che canta dalla prima all'ultima canzone e poi se ne va senza voce. «È una grande festa con tutti gli elementi che mi hanno sempre ispirato» aveva detto lui. E difatti. Sul palco ci sono pupazzi e cartelli, sul megaschermo compare un terrificante simbolo degli anni Novanta, l'Arbre Magique, mentre tutto lo stadio, donne uomini bambini, canta a squarciagola Sei un mito con una sintonia da far tremare le poltroncine. In fondo diciamola tutta: la forza di Max Pezzali non è quella di un performer consumato e travolgente. La sua forza è che porta sul palco un modo di essere e lo fa con la naturalezza di chi è davvero così, un nerd appassionato, un uomo risolto che non si è lasciato consumare dal successo ma è rimasto fedele a se stesso e alle proprie passioni. E dall'iniziale Viaggio al centro del mondo passando per la sorprendente La radio a 1000 watt fino alle stracantate La regola dell'amico e La dura legge del gol il concerto di Pezzali non è un «tuffo nella memoria» ma una passerella negli anni Novanta che resistono ancora oggi. Le canzoni spesso hanno, sì, oltre trent'anni ma fotografano ciò che cercano anche oggi i ragazzini della Gen Z appoggiati lassù alle balaustre della tribuna: la serenità, l'amore, gli amici veri e le serate che finiscono dandosi appuntamento al giorno dopo. Quindi c'è meno nostalgia di quanto si pensi, nelle due ore abbondanti di un concerto che girerà gli stadi italiani fino a metà luglio.
Forse solo la nuova Discoteche abbandonate (già adottata dai fan) guarda il passato. Tutte le altre canzoni fotografano un'epoca che ciclicamente ritorna e che Pezzali ha fissato nella sua musica. Si chiamano anni Novanta ma, a giudicare da San Siro, si possono tranquillamente vivere anche nel 2024.
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