Sanità, Marrazzo accusa il governo: «Sa rispondere solo con le tasse»

Claudio Pompei

da Roma

Piero Marrazzo, ovvero l’«incompreso». In poco più di un anno, da quando cioè è al governo della Regione, è riuscito a far precipitare il Lazio in tutte le classifiche: dal rapporto Quars sulla qualità della vita, allo sviluppo della politica energetica (con il «pasticcio» del blocco della centrale Enel di Civitavecchia); dall’enorme voragine della spesa sanitaria, al primato negativo della tassazione, di cui quest’ultimo è diretta conseguenza. E ora se la prende addirittura con il ministro dell’Economia Padoa-Schioppa: «La risposta del governo al deficit della sanità delle regioni - ha detto ieri l’ex giornalista di RaiTre - è una risposta solo di tasse. Non è questa la strada per invertire la rotta. Per sanare il deficit è necessario un piano di riorganizzazione e investimenti, per offrire sanità in maniera diversa». In realtà l’aumento dell’Irap - il più salato in Italia - che sarà presto seguito dall’addizionale Irpef, è stato imposto dal governo Prodi proprio perché la Regione Lazio non ha proposto alcuna copertura al disavanzo di oltre due miliardi di euro maturato nell’ultimo anno. Il goffo tentativo di accollare la responsabilità del «buco» alla precedente amministrazione di centrodestra è naufragato di fronte alle cifre fornite dalla stessa giunta Marrazzo. Nel 2003 il deficit era di poco superiore ai 600mila euro; nel 2004 avrebbe raggiunto 1 miliardo e 400mila euro. «In verità - spiega l’ex assessore al Bilancio Andrea Augello - nel 2004 il disavanzo si è attestato intorno al miliardo di euro: 400 milioni li ha retrodatati proprio la giunta Marrazzo e si riferiscono a transazioni e rinnovi contrattuali maturati nel 2005. Quindi nel 2005, con l’arrivo di Marrazzo, il disavanzo è raddoppiato raggiungendo i 2 miliardi di euro».
Ma come si spiega questa esplosione del debito? Innanzitutto Marrazzo ha abolito il ticket di un euro sulle ricette: ciò ha comportato il mancato introito di 50 milioni di euro l’anno e, soprattutto, ha eliminato un freno alla spesa farmaceutica. Poi l’ex conduttore di Mi manda RaiTre ha bloccato il piano di vendita di una parte del patrimonio immobiliare della sanità che avrebbe portato nelle casse della Regione almeno 600 milioni di euro. In più «ha completamente svilito - fa notare il vicepresidente della commissione Sanità del Senato Cesare Cursi - il ruolo degli Ispettorati regionali incaricati dei controlli sulla spesa farmaceutica, con conseguenze che oggi sono sotto gli occhi di tutti».
Insomma, oltre a far lievitare vorticosamente il deficit, Marrazzo è riuscito nella difficile impresa di scontentare tutti, ma proprio tutti. Dai suoi alleati comunisti, verdi e di Rifondazione (che gli rimproverano di aver concesso troppo alla sanità privata) alla Margherita, che ha più volte chiesto la sostituzione dell’assessore Ds Augusto Battaglia e ha bollato il piano di rientro dal deficit («tutto da rifare»). Hanno avuto di che lamentarsi anche i medici - la Fimmg - e gli operatori sanitari, mai coinvolti nelle cervellotiche misure di contenimento della spesa, le associazioni degli utenti e dei consumatori. Ma anche tutti i sindacati, dalle rappresentanze di base agli autonomi della Fials-Confsal, che accusano il «governatore» di aver allargato il ricorso al personale precario delle coop, più oneroso rispetto ai dipendenti. Perfino i confederali non sono stati teneri con Marrazzo: un documento unitario di Cgil, Cisl e Uil traccia un impietoso giudizio sul piano di rientro dal deficit, che conterrebbe grossolani errori sui dati riguardanti posti letto da «riconvertire» e numerose altre «amenità».

Ieri, infine, l’Aiop (ospedalità privata) ha disertato per protesta l’incontro con Marrazzo, facendo notare le enormi difficoltà delle aziende del settore che, pur garantendo il 20 per cento delle prestazioni sanitarie erogate nel Lazio, non ricevono rimborsi dal 2005 e non potranno pagare gli stipendi di questo mese ai loro dipendenti, con grossi rischi per il futuro.

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