Santoro non molla: «Pronto a ricominciare in Rai»

Calate il sipario, la farsa è finita. Se non temessimo di intervenire sulla straordinaria sintesi di un fine umorista come François Rabelais, aggiungeremmo «finalmente». Finalmente perché il beato, con costante vocazione e aspirazione al martirio Michele Santoro, si è congedato dal pubblico amico e nemico di Raidue con il suo ultimo comizio. Ma il suo ultimo comizio non tranquillizza affatto.
Anzi è stato un attacco diretto e violento contro il presidente Rai, Garimberti, sintentizzabile in buona sostanza così: «Chi è presidente l’artefice del destino di questa trasmissione, lei o io? E chi è, liquidando una trasmissione come Annozero, l’artefice del destino della Rai?». Con un messaggio, nemmeno tanto subliminale, in altre parole, Michele molla e si congeda ma poi, in un sussulto di nostalgia o di onnipotenza, è come se tornasse sui suoi passi. «Occhio presidente che sul contratto in cui, consensualmente, accetto di chiudere il contenzioso con la Rai, c’è scritto chiaramente che io con la Rai posso continuare anche a collaborare. Anche da domani. Potrei fare ancora Annozero, al costo di un euro a puntata. Un euro a puntata, capito presidente?» Caspita! Che sia una minaccia o una promessa? In ogni caso il furioso Michele una certa angoscia la semina. Poi come dipendente Rai, come valente giornalista della Rai, ma anche come orgoglioso figlio di un macchinista delle ferrovie (niente di personale, anche chi scrive è figlio di un capostazione) che è arrivato dove è arrivato per meriti professionali si avventura in un pippone pro Rai, pro risorse Rai, pro Gabanelli, Dandini, Fazio e Celentano. Un pippone che probabilmente nemmeno i diretti interessati si aspettavano.
Beatificata la sua creatura televisiva, santificati i dipendenti della Rai fedeli alla bandiera come lui, mancava nel sermone solo la macchina del fango. Sì, quella macchina del fango che, facendo volteggiare, a suo parere, sempre e comunque solo il suo stipendio, l’ha solo e sempre messo in cattiva luce. Ma l’impennata migliore il conduttore la riserva verso la conclusione della trasmissione quando, viola in volto, «azzanna» Castelli a proposito del canone: «Finiamola con queste menzogne, noi di Annozero con 15 milioni di euro di pubblicità abbiamo sempre mantenuto la Rai, non abbiamo mai avuto bisogno del canone. Siamo stati noi a salvare le trasmissioni fallimentari che voi partiti avete imposto e voluto». E poi, il suo colpo ad effetto: «Faccio una dichiarazione di voto - annuncia Santoro - se Berlusconi privatizza la Rai, io mi iscrivo al Pdl». Salvatore della Rai e della patria, dunque. Quindi? Quindi: «Annozero è finito, ma a Milano e a Napoli si riparte, perché la missione è stata compiuta, perché lo ha scelto la gente, la stessa gente che domenica e lunedì andando a votare farà la scelta giusta». Mica male come spot, no? E così, bastonando bastonando, a destra e a sinistra (ma soprattutto a destra) nel suo sermone, ecco che il furioso anche se martire Michele tira fuori ancora una volta quell’odiato scambio di velenose battute, anzi le battute velenose le fece in verità solo lui, con l’ex direttore Masi: «Abbiamo avuto un dg come Masi - ricorda amabilmente Santoro - di cui per fortuna ci siamo liberati, ma in compenso adesso abbiamo un dg che vuol risanare e cambiare ma se lo vuol fare veramente deve prendere le misure dal conflitto di interesse». Come dire: consigli per gli acquisti.
E, a proposito di consigli, ecco l’ultimo, decisivo, consiglio, prima di lasciare il pulpito che Santoro regala a tutto il Cda della Rai: «Una buona volta vorrei capire se una trasmissione come questa la volete o non la volete.

Adesso che i giudici non ci sono più dietro la porta dovete dirmi se la volete o no anche nella prossima stagione, perché io non ho ancora firmato con nessuno». Ma, intanto, cala il sipario e Santoro trasloca. Per ripartire non si sa quando non si sa da dove. Per ripartire da zero, anzi, come lui preferirebbe, da un altro Annozero.

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